Ossessivo, inquietante, morboso, cattivo, sanguinario, terribilmente affascinante.
No, non si tratta della descrizione di un film horror degno del miglior Dario Argento degli anni d’oro ma poco ci manca.
Dagon Lorai si concede una parentesi solista da quella splendida realtà che sono “L’Inguine di Daphne” donandoci un gioiello decadente come Frigidarium, introdotto dalla strumentale title track ricca di sintetizzatori ipnotici e rumori ammalianti pregni di tensione come se fossimo davvero in un horror movie che si rispetti.
Accompagnato da Ciro Leale al basso e Dario Mezzapesa alla batteria, con la sua voce perfettamente calata nella tradizione della timbrica new wave, Dagon ci porta in una Pompei antica abitata da un personaggio oscuro, forse deluso da un amore nato sbagliato e finito peggio (Tepidarium e Calidarium) che senza freni inibitori da libero sfogo a tutto il malcontento che cova dentro verso ciò che lo circonda, tanto da farci sadicamente immedesimare in lui.
Il lungo viaggio di suoni e sensazioni senza soluzioni di continuità ci porta a L’origine del male che offre un nuovo punto di vista sulla teoria illuminista del mito del buon selvaggio.
L’insofferenza è ormai esplosa in tutto il suo odio (Esostosi Auricolare e Veseri) e il basso scandisce il tutto pesantemente quasi a voler essere metafora del battito cardiaco del protagonista.
Ogni estremismo è condannato a esaurirsi subito e la rabbia trova commiato in Notturno (da un testo inedito di Fabrizio De Andrè).
E’ possibile nel 2010 fare new wave senza scimmiottare illustri predecessori? Beh, ascoltando questo disco la risposta non può essere che si.
Giovanni Caiazzo per Mag-Music
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