Dopo tre anni dal precedente lavoro (“Because of terrible tiger”) tornano gli Elton Junk (Andrea Tabacco – Voce e Chitarra; Alessandro Pace – Basso; Giulio Pedani – Batteria), accompagnati da una lista interminabile di amici/ospiti e dalla produzione artistica di Daniele Landi, per l’etichetta indipendente fiorentina FOREARS. Il risultato è “Loophole” un disco versatile, forse troppo dove la voglia di risultare eclettici e di non rinchiudersi in schemi e formule pre confezionate da vita ad un lavoro eterogeneo e spiazzante.
Si parte con Al fiume dove una melodia soffice fa respirare tipiche atmosfere da serate sulla spiaggia con gli amici davanti ad un falò; Con Lost si cambia completamente registro, con un country crescente che spiazza anche per la scelta di passare dall’italiano all’inglese; All along the horizon rappresenta il miglior episodio del disco. Parte con atmosfere soft incorniciate da una batteria sinuosa per sfociare in un crescendo che, paradossalmente riesce a rimanere leggiadro. La scelta di continuare in inglese inizia ad assumere un senso; Il country torna prepotentemente e con maggior convinzione nella title-track.
A questo punto si è ormai convinti della legge dell’alternanza e ci si aspetta un altro pezzo lento. Invece arriva Particular skills che sorprende con un passaggio ad un beat vintage anni ’60 e un ossessivo synth a farla da padrone. E il viaggio nei generi non termina qui perché ci tocca anche la capatina nell’elettronica con la nona traccia Police officer.
Il talento c’è, è innegabile, ma troppa carne al fuoco rende l’ascolto ostico, come se fossimo in balia di un naufragio sonoro. La stessa scelta di non osare di più con l’italiano (ispiratissimi ad esempio i testi di Ieri ho mangiato la strada e Del miele) fa nascere il sospetto che gli Elton Junk non sanno ancora cosa vogliono fare da grandi.
Giovanni Caiazzo per Mag-Music
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