Il progetto musicale, che risponde al nome di Pazi Mine, nasce e si evolve grazie alla capacità espressiva di Sara Ardizzoni, compositrice, chitarrista e voce del gruppo, e di Francesco Artioli al basso, Marco Beiato alla chitarra e ai synth e Alessio Capra alla batteria.
Un quartetto che debutta, a quattro anni dalla nascita, con un album omonimo dalle tinte cupe e autunnali, malinconico e inquieto come il vivere quotidiano. Insicurezze, paure e ansie prendono forma in queste otto tracce, dove l’hard rock di base viene sapientemente accostato e melodie dolci e allo stesso tempo dolorose.
Standstill ne è una prova tangibile: la profonda voce femminile si insinua tra le potenza delle chitarre e le note più melodiche e intime, presentandoci così due facce della stessa medaglia. Una più rock, tagliente e pulsante, l’altra più sensibile, sussurrata e crudele. Il tutto coaudiuvato dalla scelta della lingua inglese, ideale per trasmettere lo stato di disagio e spleen presente in tutto il disco. Non mancano brani più energici come Witness of a Recurring Dream e Rip Yourself Open, Sew yourself Shut, come neppure brani più “emozionali”, come la bellissima Here.
Un infinito alternarsi di rabbia e tristezza, di inquietudine e rivoluzione, un continuo rimbalzare nella sfera delle emozioni più cupe: ecco il biglietto da visita dei Pazi Mine. Vale la pena ascoltare questo disco non una, ma più volte, e suggerne tutte le note, tutte le sfumature e le emozioni per potersi sentire capiti, confortati e rassicurati.
È un album nel quale specchiarsi, e perdersi.
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