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Ma state notando quanto in questo periodo stiano tornando in auge i vecchi nomi cantautoriali, come ad esempio Gaber, Ciampi, Dalla? Tutta gente che ha detto e ha querelato tanto. Nomi che ricorrono sovente nelle produzioni del momento, causa una tensione sociale che da diverso tempo opprime il belpaese. Così, musicalmente parlando, qualcuno insorge in modo più o meno classico e omologato e qualcun altro realizza e sfodera lavori e composizioni sghembe, estroverse. Su quest’ultima ipotesi un ottimo esempio potrebbe essere IOSONOUNCANE, quest’anno al primo lavoro intitolato “La macarena su Roma”. Già il nome dice tanto, un lavoro nuovo, in tutti i sensi: il surreale trasportato alla realtà di oggi, dove s’immaginano i politici sorridenti ballare la macarena nei pressi del Quirinale, fottendosene delle debolezze odierne. Ascoltando l’album è proprio questo caos che si avverte: tanto casino (ben interpretato) di beat, urla messe in coro e tensioni elettroniche ad accompagnare (si fa per dire) una voce macchiata e menefreghista e qualche accordo di chitarra, a volte atto ad aperture melodiche.
Già l’iniziale Summer on a spiaggia affollata, contrario della vecchia Summer on a solitary beach di Battiato, è un pesante insulto al razzismo da noi sempre più presente: i clandestini che affogano e i bagnanti pieni di crema che se ne fottono. Stesso tema nella danzante Il boogie dei piedi: incolpare il clandestino (“era quello lì, era quello lì, era quello lì, io l’ho guardato molto bene, l’ho ascoltato molto bene, non parlava non sapeva una parola d’italiano”). Ma il nostro CANE è in grado anche di variare argomento: l’incidente stradale avvenuto chissà come ne Il corpo del reato, la parentesi più alta e cantabile dell’album; i rifiuti in Campania; le morti bianche in Torino pausa pranzo. Ma non solo questo; “La macarena su Roma” è composto anche da tanti semplici ma non banali momenti, che poi aiutano a creare la visuale su di esso; come ad esempio gli spezzoni televisivi qua e là o i vari richiami alle porcate italiane, entrambi volti a ricordare l’ipocrisia dell’Italia, dove la gente si emoziona e si sente libera e partecipe nel televotare il vincitore del “Grande Fratello” o a piagnucolare davanti a “C’è posta per te”; il tutto proprio a favore di questi generatori quotidiani di povertà intellettuale. Particolari anche le due semi-ghost track: I superstiti, dove s’immagina, insieme ad Antonio Gramsci, un dialogo molto profondo sul lavoro; l’ambigua Rifacciamoci la bocca coi cibi buoni di gusto, dove il titolo è già il testo. Altro frangente importante, ma forse un po’ pesante, è la title-track: quasi dieci minuti di pura verità. Qualcuno l’ha anche paragonata a L’avvelenata di Guccini, come dargli torto? In essa è raccontata tutta la mediocrità e la schifezza dei giorni nostri; un po’, appunto, come fece quel grande appena citato.
Un lavoro nuovo questo di IOSONOUNCANE; scottante e urgente dal punto di vista tematico, ambiguo e stravagante da quello musicale; anche se, a dirla tutta, una maggiore orecchiabilità avrebbe giovato nel complesso, garantendo magari qualche ascolto in più. Ma in fin dei conti, di gente che pone il delirio come mezzo di battaglia se ne sente davvero il bisogno in questi tempi bui.
Davide Ingrosso
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