È un ispirato connubio di parole e chitarra questo self-titled di Mr. Milk.
Al primo ascolto superficiale, quest’album di Mr. Milk parrebbe l’opera del solito songwriter di turno. Sorprendente, invece, pensare che questo ragazzotto venga dalla provincia di Salerno.
Eterea ma al contempo intima, tale è la riflessione che suscita l’ascolto dei dodici pezzi che compongono l’album, sospesi tra una tenue malinconia e un flebile afflato di speranza, poco più di trenta minuti in cui i versi sussurrati dell’autore s’intrecciano delicatamente con le note dei suoi arpeggi, essenziali ma non per questo privi d’ispirazione.
Una volta terminato, è facile assecondare la tentazione di riascoltarlo una volta e una volta ancora, perché la sensazione di non essere riusciti a percepirne in toto l’essenza è un rovello insistente, ma invece è tutto lì, essenziale come l’artwork che l’accompagna, una copertina che pare la pagina di un moleskine, con i testi e i titoli scritti sulle ginocchia come sbilenca base d’appoggio e una piccola caricatura a rappresentare il tutto.
È un disco che scorre, senza avere la possibilità di accorgersene, per merito della completa omogeneità dei pezzi incastrati l’un l’altro; e se da un lato aiutano l’ascoltatore ad immergersi nel clima nostalgico dell’album dall’altro rievocano i lavori del camaleontico Nick Drake, del più introspettivo Conor Oberst e del sentimentalismo di Dallas Green.
Questo del Signor Latte è in definitiva un album genuinamente maturo, dove risuonano all’unisono le premesse promettenti per dei lavori futuri, speriamo con un pizzico d’innovazione in più.
Eliana Tessuto per Mag-Music
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