Soffiate via la polvere dal manuale di geografia astronomica del liceo e strappatene via le pagine ad una ad una: una flotta d’aeroplanini di carta è il mezzo ideale per sfiorare le nuvole del cielo vanghoghiano dei Vegetable G.
Tastiere e sintetizzatori, fiati (sapientemente ideati e arrangiati da Enrico Gabrielli, un nome, una garanzia) e pop festoso, torna la band orgoglio pugliese in una veste tutta nuova intessuta d’intimità in italiano. Dopo la gustosa anticipazione data dall’EP uscito nei primi mesi dell’anno, anch’esso interamente in italiano, arriva, infatti, a settembre “L’almanacco terrestre”, dieci tracce per sentirsi parte “del ciclo armonioso legato alla natura e all’esistenza”.
Ed è davvero così. Introdotte da incipit confidenziali che sembrano strappati dagli echi di qualche valle lontana e nascosta, le tracce si alternano in tutto il loro incanto e la loro semplicità mentre la voce di Giorgio Spada le sorregge narrando storie d’amore e di fantasia “intergalattica”.
Il disco si apre con un pezzo lieve e ossessivo insieme, L’aritmetica che non capisco, e prosegue fra sonorità che ricordano i Bluvertigo dei tempi d’oro (La voce di Pan) o gli ultimi Baustelle (L’uomo di pietra), fino a giungere a quello che, con la sua allegria e il suo ritornello travolgente, rischia di diventare un sano tormentone underground (e badate bene che non è un ossimoro), La filastrocca dei nove pianeti, già presente nell’EP omonimo.
Divorate una dietro l’altra tutte le tracce, alla fine non si può che sentirsi in qualche modo in pace con l’universo, fiduciosi che quella che va sotto il nome di pop possa ancora essere una musica piena di bellezza e di sorrisi timidi e mai invadenti.
Annachiara Casimo per Mag-Music
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