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C’è un ripostiglio che sa di grezzo, di sporco, dove la polvere si perde tra le corde della propria chitarra, magari tornando sul luogo del delitto già sfiorato da un disco come “L’erba cattiva”. Il ritorno del siracusano Carmelo Amenta sancisce proprio questo, attraverso un’esclamazione che è tutta un programma: “I gatti se ne fanno un cazzo della trippa“. Con la voce di uno spettro febbricitante che non esita a palesarsi più volte, è uno sputo in faccia al menefreghismo quello che continua a respirarsi nei paraggi, attraverso blues sbilenchi (Frammenti), a metà tra Waits (la title-track) e Basile (Coriandoli e polvere), filastrocche tra Violent Femmes e Capossela (Per i vermi siamo tutti uguali), rock afterhoursiano (Tutto è fuori posto sempre, Una domenica di marzo, l’andamento jazzy di Ciuf ciuf) e violente sfollate noise situate qua e là (Lo spettacolo, Aria). Malgrado qualche falla, a emergere è una presenza che va scoperta fino in fondo, e che conferma le capacità di un personaggio peculiare come Amenta. Degno di nota anche anche l’EP fantasma extra di stampo maggiormente acustico, “Non dimenticare di abbeverare le piante”, in particolar modo Quand’è l’ora di dormire.
Gustavo Tagliaferri
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