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“Experience“, ovvero Jimi Hendrix 45 anni dopo, in Italia. Che in quanto ad omaggi i Quintorigo fossero impeccabili, lontani da qualsivoglia barriera, era ormai indubbio. Ma che ciò fosse indipendente anche alla luce del quarto, e al contempo doppio, cambio di cantante, da Luca Sapio a Moris Pradella ed Eric Mingus, evidentemente lo è altrettanto. Se già lo stesso chitarrista ha fatto da materia in esame con la sola Purple Haze, qui il tutto si estende a quattordici momenti, dove lo zenith viene raggiunto principalmente con quelli che sono i brani trainanti della sua carriera. Oltre al brano di cui sopra, che tallona da dietro quanto già fatto da John De Leo in precedenza, ci sono Hey Joe, il rantolio di Voodoo Child, con lo stralunato contributo addizionale di Vincenzo Vasi al theremin, e il distorto assolo woodstockiano The Star Spangled Banner. Non meno rilevanti sono Fire e Manic Depression, un improvviso risveglio di Jimi in persona nel corpo dei diretti interessati, le tinte zappiane di Third Stone from the Sun, l’incessante ritmo di Gypsy Eyes, i giochi vocali di Spanish Castle Magic e le più jazzy Red House e Up from the Skies. Quando si tratta di Hendrix c’è sempre da stare all’erta, ma l'”esperienza” che ne risulta va testata assolutamente!
Gustavo Tagliaferri
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