[adsense]
Del pianeta Terra non c’è traccia, del Sistema Solare nella sua interezza nemmeno. La nuova casa di un astronauta potrebbe essere l’infinito, nella sua apparente presenza di niente pronto a rappresentare qualcosa, nell’annullamento della perdizione. È così che nasce “Lo spazio dell’assenza“, secondo i Vostok, un album fatto di trascorsi tra le stelle visti servendosi di un’accezione malinconica, quella situata nella voce di Mina Carlucci e nella chitarra di Giuseppe Argentiero. Come se una tradizione ben preservata entrasse in contatto con i suoni più caldi, eterei, morbidi dell’universo musicale. Me terah, solo cantato, un razzo in partenza che porta al sax andante del pop jazzato di I tuoi occhi e più minimalista di Lacryma, alla dolcezza degli archi di Lontano dalla luce, al cuore da chanteuse che batte tanto in Bonjour tristesse quanto in Le néant scintillant, fino al folk che descrive minuziosamente una Jerusalem che oggi non c’è più. E una volta che quella Komet 42 cola come una lacrima dagli occhi dello stesso soggetto, nella sua dolcezza è chiaro come “Lo spazio dell’assenza” sia condiviso da tutti. Ma in primis rappresenta un lavoro che prende e colpisce il cuore, dritto al centro.
Gustavo Tagliaferri
[adsense]
0 comments