[adsense]
Tredici anni sono passati, un sacco d’acqua sotto i ponti e cocci di bottiglia sopra le teste. Perché, c’è da dire, mai come in questo caso pare dimostrato il noto adagio che band come queste o si amano o si odiano. Per tutta una serie di motivi fra cui non indifferente resta la questione dell’ambiguità semantica del loro grindcore. C’è chi l’ha sempre buttata sul politico (Extreme Noise Terror?), chi ha optato per il filone – diciamo pure – esistenzialista, filtrato da un morboso quanto spesso puerile interesse per il disfacimento fisico dell’essere umano (e in questo caso dai Carcass in poi c’è tutto un mondo da scoprire). I Cripple Bastards nessuna delle due in pieno, o forse entrambe ma con una personalità del tutto inusuale: hanno scelto una cosa abbastanza in voga nel contemporaneo panorama hardcore italiano (e cioè il cinismo e l’infernale banalità del quotidiano) passandola per tutta una sensibilità di fatto inedita nel genere, condita di b-movie, mondo-movie, porno di terza categoria e immagini shock. Pensate agli attuali gruppi power-violence, pensate a quante gengive martoriate vengono sbattute in copertina ogni due per tre, quanta demenza mista a sadismo, il tutto spacciato per amaro disincanto. Ecco, quando questi giovini ancora non avevano capito che “power-violence più voce femminile uguale siamo fighi” (o ancora si facevano le seghe coi NOFX – la gente i NOFX li odia, non si sa perché) i Cripple erano già sbarcati in America e ricevevano il plauso di un Rich Hoak (Brutal Truth) infoiatissimo, intento quest’ultimo a curare proprio la promozione di “Misantropo a senso unico” per gli USA. Mica robetta.
Questo è il disco che meglio di tutti definisce l’identità musicale e lirica di una band in continuo divenire. Rassegnazione e mood vagamente crust su un impianto grind precario, prossimo alla crisi di rabbia e ancora saldamente legato alle radici di un certo hardcore di protesta, per tutti gli amanti di Wretched, Declino e Kollettivo. Incredibile lo stacco segnato rispetto a “Your Lies in Check”, storico esordio della band anch’esso a valle di una lunga sfilza di produzioni collaterali, tra originarie formule noisecore (oltre gli stessi Napalm Death, con i piedi già piantati nella realtà di Fear of God, 7 Minutes of Nausea e Anal Cunt) e più stabili produzioni hardcore. Ma in tal senso Misantropo segna uno spartiacque concettuale anche rispetto agli ultimi dischi prodotti da FETO (l’etichetta di Mick Kenney e Shane Embury) e Relapse, ottime prove ma dall’evidente appeal metallaro, pronte ad essere sparate come un Uzi su una platea davvero eterogenea.
Oggi il disco torna cazzuto e ricicciato splendidamente con l’aggiunta di una piacevole bonus track (Separati dal contagio, con il featuring degli svedesi Anima Morte) grazie alle cure della sempre impegnatissima FOAD. Uno scarto di produzione che mostra la band impegnata in un funk da poliziottesco con code a metà strada tra Cannibal Movie (la band) e i relapsiani Zombi di “Escape Velocity”. Una sorpresina del tutto aliena rispetto agli standard musicali della band ma senz’altro comunicante con tutto un immaginario in cui la band sguazza da anni.
Colpisce come poche cose il fatto che un disco vecchio di tredici anni ancora segni profondamente l’immaginario grindcore mondiale. E stupisce come la realtà dei Cripple, oggi saldamente ancorata alle fortune di casa Relapse, pur responsabile di un progressivo distaccamento dalla matrice hardcore dei primi anni ancora riceva rispetto e onori dalla scena underground. Amati dai punk e venerati dai metallari, il ritorno di “Misantropo a senso unico” non può che essere il gradito spunto per un recupero ragionato e finalmente pacificato della loro storia discografica.
“Misantropo a senso unico”. Solo, per sempre.
Nunzio Lamonaca
[adsense]
0 comments