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Dici Ilaria Graziano e non puoi non pensare a… già, a chi? Se partiamo dal presente discografico della musicista, romana d’adozione ma napoletana nel sangue, Francesco Forni è il primo nome a venire in mente. Insieme infatti hanno dato alle stampe due album apprezzati dai media di settore (“Come 2 Me“, l’ultimo in ordine d’uscita, e l’esordio del 2011). E i due, insieme con altri musicisti, avevano dato vita anche a un gruppo di “esplorazione sulle contaminazioni sonore”, come lei stessa ci disse qualche anno fa in un’intervista. Ma se andiamo invece a ritroso nella sua carriera artistica, beh, il nome da fare è (forse) uno solo: Yoko Kanno. Con la compositrice giapponese, la colloraborazione risale al 2003 e ha prodotto diversi brani inclusi nelle colonne sonore di anime quali “Cowboy Bebop“, “Ghost in the Shell: Stand Alone Complex” e “Wolf’s Rain“, e poi racchiuse nel disco “Yoko Kanno produce Cyber Bicci”. Questa è la sua tracklist. Buon ascolto!
Billie Holiday – I’m a Fool to Want You (da “Lady in Satin”, 1958)
Fu mio padre a farmi conoscere Billie Holiday. Ricordo ancora la sensazione che ebbi quando la ascoltai per la prima volta. Ero una bambina e non conoscendo ancora l’inglese non capivo una parola del testo ma avevo la certezza di sapere perfettamente cosa mi stesse dicendo quella voce struggente, capivo che c’era qualcosa che faceva tanto bene ma anche tanto male al cuore, che ti prendeva l’anima e te la faceva gridare, allora pensai che non avrei mai permesso alla mia anima di restare in silenzio.
Rosa Balistreri – Chista è la vuci mia
È con il cuore e con il ventre che si ascolta la vita, la carne e la storia che la sua voce ci racconta.
Karen Dalton – Katie Cruel (da “In My Own Time”, 1971)
Cantante e suonatrice di banjo statunitense. Mi piace pensare che una piccola parte di Billie Holiday si sia reincarnata in lei. Tra i vari collaboratori ed estimatori aveva anche Bob Dylan. Non è morta in pace e non odiava per niente le droghe… sì, credo che Billie fosse con lei, sentite come suona e come canta.
Area – Gioia e rivoluzione (da “Crac!” del 1975)
Demetrio Stratos mi ha aperto il mondo, quello che sta dentro e non si vede, che va esportato e portato alla luce. Quando ascolto questo brano penso solo alla gioia di avere la musica come arma più potente per la nostra costante e quotidiana rivoluzione.
Jimi Hendrix – Hear My Train A Comin’ (da “Valleys of Neptune”, 2010)
Jimi Hendrix quando suona fa l’amore e quando lo ascolti fai l’amore con lui… Yes please, do it again!
Bob Dylan – Tombstone Blues (da “Highway 61 Revisited”, 1965)
Ascolto questo brano e mi ritrovo a camminare col passo fiero e incalzante, sto andando contro il nemico con la forza del mio sorriso sulle labbra e un po’ di spocchia per dirgli: guarda che so chi sei, ti osservo, ti vedo e per questo non mi freghi!
Fabrizio De Andrè – Quello che non ho (da “Fabrizio De Andrè”, 1981)
Quello che non ho a volte sono proprio le parole… ma De Andrè ne ha scritte a sufficienza per tutti noi, per dire ciò che non sempre, e non sempre così bene, riusciamo a dire.
Bob Marley – I Shot the Sheriff (da “Burnin'”, 1973)
Ho scelto questo brano fra i tanti di Bob Marley che hanno fatto da colonna sonora alla mia adolescenza, mentre cominciavano a farsi avanti le prime domande su come andavano le cose e come realmente sarebbero dovute andare se mi fossi trovata in mondo migliore.
Johnny Cash – Folsom Prison Blues (da “With His Hot and Blue Guitar”, 1957)
Questa è una dedica che faccio al duo con Francesco Forni. Con questo brano spesso abbiamo concluso i nostri bis, ma non è certo un caso. Il sound di questo folk cavalcante di sicuro da qualche parte scorre nelle nostre vene e ci aiuta a evadere da tutte le prigioni, visibili e invisibili.
Leonard Cohen – I’m Your Man (da “I’m Your Man”, 1988)
Le due facce di questa canzone non che la sua insita bellezza mi spingono a ritornare spesso all’ascolto di questo brano. Non è solo una delle più belle dichiarazioni d’amore ma è anche la richiesta disperata di un uomo che farebbe di tutto per non essere lasciato solo. Sono parole che ti trascinano fino al confine sottile che si crea tra l’amore e la paura generata dalla sua totale assenza.
Oumou Sangare – Saa Magni (da “Ko Sira”, 1993)
La scelta di questo brano è legata ad un piccolo aneddoto. Vivevo a Londra e in una casa dove mi ero appena trasferita trovai un CD masterizzato, una compilation con brani di generi diversi senza custodia ne titoli di riferimento. Alla terza traccia un canto africano mi chiuse gli occhi e mi fece fermare ad ascoltare e poi ascoltare e poi ascoltare ancora… Nessuno sapeva dirmi di chi fosse il brano o chi fosse la cantante, e allora non esisteva ancora Shazam! Qualche tempo dopo il disco andò perso in uno dei miei traslochi e io pensai che non avrei mai più riascoltato quella voce e il suo canto divino. Sei anni dopo ero a Roma e conobbi un musicista (grande conoscitore della musica tradizionale del Mali, Sandrò Joyeux), il quale mi chiese di cantare una canzone con lui, indovinate quale brano mi propose? Pensai che quel canto aveva vagato per incontrarmi di nuovo e per darmi la conferma che la magia viaggia attraverso le persone e la musica… Ora chiudete gli occhi e fermatevi.
Foto di Fabio Florio
a cura di Christian Gargiulo
11 cover per… funziona così: un(a) musicista sceglie le undici, altrui canzoni che inserirebbe in un suo personale album di cover e per ogni scelta fatta ci spiega il motivo. Senza alcun tipo di limite: né di genere né di nazionalità né di periodo storico.
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