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Sara Ardizzoni, ferrarese, “trasversale chitarrista (per scelta) e cantante (per caso)”. Suona nei Pazi Mine (ora in stand-by) e nel 2013 esce il suo disco solista omonimo a nome Dagger Moth.
Descrivi il tuo lavoro attuale.
Con una laurea in architettura alle spalle mi occupo di pianificazione territoriale e cartografia, presso un ufficio. Non sono una libera professionista quindi ho le giornate regolate dai ritmi del “lavoro dipendente”. Posso dire di dividermi in una “doppia vita” e la cosa può avere risvolti utili (ho sempre i piedi ben ancorati a terra per forza di cose) e divertenti (le reazioni totalmente naif di certi colleghi…), ma per lo più la faccenda richiede un’ottimizzazione dei tempi degna di un robot per riuscire a far tutto come voglio, e mi porta spesso a sacrificare le ore serali, con conseguenti abnormi arretrati di sonno…
Hai mai pensato di lasciare il tuo lavoro per la musica?
Ci penso praticamente ogni giorno da anni ma, almeno al momento, l’avere anche un “lavoro normale” mi consente di fare con la musica solo quello che veramente mi piace, e mi appassiona. Diciamo che il vincolo è prettamente economico, non potrei “permettermi” di fare l’artista a tempo pieno. “Campare di musica” non è esattamente facile, lo stesso vale per una qualsiasi altra attività artistica (ma in generale di questi tempi è difficile “campare” in generale…). A dire il vero conosco pochissime persone che riescono a vivere unicamente di musica “scelta”, senza dover ricorrere “marchette”, o senza dover insegnare, o in generale senza avere le spalle un po’ coperte.
Come concili il lavoro e la passione per la musica?
Con tanta fatica, testardaggine e pazienza, cose che ovviamente non potrebbero sussistere senza una forte passione di fondo, e, per fortuna, un certo senso dell’organizzazione. Io credo di averlo per indole, ma se vuoi portare avanti un progetto a cui tieni , infilandolo in tutti gli scampoli di tempo necessari, credo sia una qualità che si sviluppa per forza, automaticamente. E di base non sono pigra, quindi le giornate iperattive non mi turbano più di tanto, anche se poi, ogni tanto, crollo. Diciamo che cerco di ottimizzare il tempo che mi rimane libero dal lavoro per portare avanti i miei progetti musicali, il che non vuol dire solo suonare, magari! Cuol dire anche organizzare le ben più noiose faccende logistiche, quindi se ho un disco in uscita gestirmi come ufficio stampa di me stessa, contattare giornalisti, siti, scrivere tante tante mail, essere curiosa e tenere le orecchie aperte per cogliere iniziative attinenti ed interessanti qua e là. Tante ore le “perdo” anche a scrivere mail per organizzarmi i concerti. Va detto che ormai in questo ramo l’offerta supera la domanda, quindi molte missive spesso restano senza risposta. Posso capirlo, vista la quantità di richieste che arrivano ai locali, quello che capisco un pò meno, a volte, è la maleducazione… Un conto sono i generici indirizzi mail che si trovano qua e là, ma quando scrivo a persone che hanno un nome e cognome anche solo per un’informazione almeno un “no grazie” me lo aspetterei, ma non è una cosa scontata, anzi, la non-risposta è gettonatissima, in molti ambiti. E questo mi serve anche per “scremare” i possibili contatti: ho poco tempo e non mi piace stare a rincorrere nessuno.
Quali scelte cambieresti nel tuo percorso professionale?
Mah, bella domanda. Un po’ le cose si scelgono e un po’ capitano, lasciando una libertà di manovra relativa. Prima di tutto avrei dato retta a mio padre, iniziando a suonare da bambina, e magari da quella “scelta” ne sarebbero derivate altre a cascata per il corso di studi e per gli anni seguenti, o magari così avrei sviluppato un fastidio totale per la musica fino a seguire tutt’ altra carriera. Di sicuro al momento rimpiango di non aver vissuto all’estero per un po’, e i motivi per cui non l’ho fatto e vorrei farlo sono troppo lunghi da spiegare. Chissà… E comunque non è stato il “percorso professionale” il cardine della mia vita.
Massima soddisfazione/delusione raggiunta in ambito musicale.
In quanto alla soddisfazione, anzi soddisfazioni, direi collaborare con musicisti che stimo da anni come Giorgio (Canali), Alfonso (Santimone) e Joe (Lally), che poi hanno contribuito anche al mio disco. In particolare Joe mi sembrava una figura “lontanissima”, per motivi geografici e di carriera, e mai avrei immaginato, anche solo 7\8 anni fa, di entrarci in contatto ( magari mentre ascoltavo i Fugazi in ufficio…). Oppure scrivere a Mike Watt una mail e vedere che ti risponde quasi subito e magari ti programma pure in radio, nella sua californianissima San Pedro (risultando più “accessibile” di molti “addetti al settore” italici…). In quanto alla delusione più grande, mah, a dire il vero non saprei… Sai, credo di aver imparato a farmi scivolare un po’ le cose addosso, di sicuro le legherei più a situazioni personali/umane, cioè conoscere “stimatissimi professionisti” del ramo che nella realtà hanno ben poca sostanza e onestà intellettuale. Ma questo capita in tutti i settori. E ugualmente in tutti i settori capitano non-risposte o rifiuti o attese, tutte cose ripagate dalle belle persone e dalle belle situazioni che comunque s’incontrano lungo il percorso.
a cura di Marco Gargiulo
Io e il mio amore: storie quotidiane di musicisti coraggiosi. Racconti in prima persona di successi e fallimenti di chi si mette in gioco per lavorare di, con e per la musica.
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