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L’araba fenice, in fin dei conti, ha dimostrato in più occasioni di non essere inquadrabile nella sola ottica del mito. Certo, una volta appreso dell’abbandono di un batterista come Jacopo Battaglia, oltre che dell’esilio meditativo himalayano del bassista Massimo Pupillo, per una macchina sonora come quella che risponde al nome di Zu si poteva pensare il peggio in quanto a futuro, per quanto Luca Tommaso Mai e il suo sassofono abbiano continuato ad imperversare nelle vibrazioni afro-core dei Mombu. Eppure la cecità del destino può fare di tutto quando c’è da ipotizzare un nuovo contatto tra i rimanenti di un nucleo simile. Cosa puntualmente avvenuta e concretizzata ulteriormente con l’arrivo, dietro le pelli, di un ideale sostituto come Gabe Serbian, direttamente dai Locust. È così che avviene il risveglio, e le prime parole non necessitano commenti: “Goodnight, Civilization“. Ascoltare la title track non significa solo farsi riconsegnare al prossimo quel gruppo tanto apprezzato in precedenza, ma anche assistere alle evoluzioni di quella dimensione noise- jazz-core a loro tanto cara, come dimostrano i vorticosi giri di sax di Mai ed un Serbian molto a suo agio quando si tratta di prendere in mano le redini della situazione, là dove degli stop sempre più cadenzati, in concomitanza con i rintocchi di un campanile, fungono da segnale di richiamo per un canto lontano, una fusione tra sciamanesimo, Medio Oriente e tradizione dello stivale, tale da costituire un eco proveniente dalla nuova casa di Pupillo. Un tabula rasa che giunge al suo definitivo compimento prima con la più matematica Silent Weapons For Quiet Wars, poi quando c’è da confutare l’enigma vivente dei Residents, pescando dal “Commercial Album” un’Easter Woman tramutata da marcetta onirica a strumento spigoloso di distruzione al cui anti-canto è situato nientemeno che Barney Greenway dei Napalm Death. Come il tempo passato non ha scongiurato quelle che sono sempre state le aspettative del progetto, a suo modo la durata ridotta non costituisce necessariamente un male. Sono sempre e comunque gli Zu, che piacciano o meno, e nel loro ritorno e nelle loro intenzioni presenti e future c’è da imparare molto. Bentornati.
Gustavo Tagliaferri
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