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Non deludono i Down, con la seconda parte di “Down IV”, e la cosa ci stupisce non poco.
C’è tanta verve artistica in questo album nonostante la presenza di Phil Anselmo, da tempo dato per bollito, ridotto ad una grottesca parodia di se stesso, con la voce intorpidita dagli stupefacenti e la sua ormai pachidermica stazza. Il precedente lavoro, prodotto con i The Illegals, “Walk Through Exits Only“, sembrava segnare l’epilogo di una carriera fatta di alti e bassi, voli pindarici e vorticose cadute nell’oblio, anche grazie alle tremende esibizioni live, spesso e volentieri ondeggianti tra il cabarettistico ed il patetico.
I Down, evidentemente, solleticano il carisma del vecchio leone Phil, portandolo ad offrire una prestazione eccellente, in un EP potente ed intrigante. “Part I”, due anni fa, venne accolto tiepidamente, ma questa seconda parte non potrà che lasciar sbalorditi i detrattori della band di New Orleans.
La tipica foga belligerante della testa calda della Louisiana viene perfettamente incanalata in 36 minuti di suggestioni sabbathiane, accompagnate dall’immancabile marchio thrash, saldamente legato ai vecchi Pantera.
Quando non si prende a microfonate sulla fronte, sbagliando tutti gli attacchi, drogato come il giovane Spud in “Trainspotting”, Anselmo sfodera i numeri del fuoriclasse, del leader carismatico e, perché no, del capo spirituale.
Questo EP, attraverso una grande varietà di riff accattivanti e liriche di ottimo spessore, esplora le proiezioni mentali di una vecchia leggenda, fornendo spunti autobiografici, in particolare grazie ai riuscitissimi brani We Know Him Well, Conjure e soprattutto con l’introspettiva Suffer’s Years. In quest’ultima traccia si scopre un Anselmo segnato dalla vita, dal tempo che passa, dalle sofferenze e dalla propria sensibilità; l’incipit del brano recita “Dark december”, il mese del dolore, specchio di un animo inaspettatamente profondo ed emotivo, quanto mai intaccato dalla morte del geniale Dimebag Darrell, prematuramente scomparso proprio in un di 10 anni fa. È un piacere sapere che Anselmo continui a resistere ed esistere, non solo musicalmente, e che ci ricordi come, dentro quella testa perennemente sanguinante, ci sia un mondo non privo di intensità e valore.
E ora attendiamo il terzo capitolo di una saga divisa in quattro episodi. Con queste premesse ci aspettiamo un gran lavoro.
Adrian Nadir Petrachi
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