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Autoprodotto, 11 t.
C’è un immaginario, dietro cui si annidano idee strampalate, che non va affatto tenuto sotto gamba, specie se queste sono accomunate da influenze ben collegate tra loro. Pesci, lupi, orsi, dinosauri: può un supergruppo, con la sua formazione atipica, come in altri casi rivelare tante di quelle sorprese da risultare persino tra i maggiormente interessanti del recente periodo? Se ci si rivolge a Lorenzo Esposito Fornasari (Obake), Carmelo Pipitone (Marta sui Tubi), Colin Edwin (Porcupine Tree) e Pat Mastelotto (King Crimson), ognuno di scuola differente, non c’è spazio per un no secco. Inflamed Rides, questo l’esordio di una creatura di nome O.R.k., è la manifestazione di un’onda sonora tanto devota quanto tale da dare luogo ad un amalgama di livello, secondo un carnet che include gli Alice in Chains come certi Tool, soprattutto nella più unica che rara duttilità vocale da parte di Fornasari, grezza e pulita, luciferina ed angelica quando necessario, come si evince dall’apertura cupa di Jellyfish; di conseguenza danno immediatamente all’occhio la dilagante e disperata intensità fatta di archi ed arpeggi pipitoniani di Pyre, il pulsante, etereo ed elettronico mood di Dream of Black Dust, L’insospettabile electro-ballad su cui si sviluppa il crescendo di Funny Games, l’incessante sezione ritmica che sottende la spiritata e sporca Funfair, lo space rock-blues di No Need ed una Bed of Stones occhieggia apparentemente ad una dimensione wave di matrice sylvianiana, prima di esplodere in un allucinato crossover, ulteriormente marcato tanto nei campionamenti di Breakdown quanto, in salsa maggiormente prog, nell’unico episodio in lingua italiana del lotto, l’onirica Vuoto. Le incursioni della tromba di Paolo Raineri, soprattutto nella strumentale Black Dust, ed il catatonico esperimento synth-etico ad opera di Coldlight di The Insignificant sono la ciliegina sulla torta di un meritevolissimo esordio, che fa degli O.R.k. una formazione la cui formula riesce su tutti i fronti. Inflamed Rides è un disco che dal passato verso il presente costruisce un possibile futuro, e proprio per questo è da provare più volte.
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