From Software, un nome, una garanzia nell’ultimo decennio del gaming. Una software house inizialmente conosciuta solo nella nicchia, con il suo affascinante ma ostico Armored Core, oggi è la casa madre del catalogo “Soulsborne”, dove i fan racchiudono tutti i titoli partoriti dalla casa nipponica, che detengono il DNA delle opere che hanno saputo rivoluzionare il videogioco con l’avvento di Demons e Dark Souls
E come ogni titolo rivoluzionario del mercato, seguono coloro che tentano di replicare quegli stessi tratti distintivi, spesso e volentieri fallendo. Ma in questo caso non siamo mai stati così vicini a raggiungere gli eccezionali standard delle opere From Software.
Titoli come il primo Lord of the Fallen o Hellpoint, si sono aggrappati alla formula souls, nel tentativo di ricreare quel giusto equilibrio tra level design, boss e narrativa. Il risultato? Giochi incapaci di reggere il peso di questo equilibrio, che scadono in una spirale di mediocrità.
Certo, un Team Ninja con il suo Nioh o Stranger of Paradise, mostrano come alcune Software House riescano ad eccellere in specifiche aree, come un approfondito e complesso combat system, ma per il resto? Non ci siamo…manca qualcosa in questa speciale formula alchemica chiamata “Souls”. Ma ecco che lo studio koreano Neowiz, distilla la sua pietra filosofale, la sua formula Soulslike, che ci mette davanti ad un titolo che riesce a catturare quello stesso delicato equilibrio, che in molti hanno cercato di ottenere senza successo. Ma prima di poter parlare di questa reinterpretazione cupa e grottesca della amata fiaba di Collodi, abbiamo bisogno di un pezzo del puzzle, e per farlo dobbiamo fare un tuffo nel passato, per l’esattezza nel 2015, quando From Software lanciò sul mercato Bloodborne.
L’opera gotica lovecraftiana di From, considerata tutt’oggi come uno dei giochi più belli mai realizzati, nacque dallo stesso brodo primordiale di Demons e Dark Souls, proponendo uno stile di gioco più aggressivo, senza mai sacrificare ciò che aveva contraddistinto i precedenti titoli. Ma quello che lo rendeva veramente speciale, erano i dettagli maniacali e la straordinaria direzione artistica, che ha gettato le basi per tutti i futuri titoli From Software a venire, fino a raggiungere il suo apice con Elden Ring. Non era quindi più solo Dark Souls ad essere il sistema ideale, perché Bloodborne aveva saputo farsi valere anche più del suo predecessore, portando quindi a mutare la formula in “Soulsborne”.
Lies of P, viene partorito dal grembo di una forte ispirazione per quest’ultimo, integrando in sé frammenti di altri titoli come Sekiro, riuscendo a evolvere la formula, senza intaccare il resto, ed essendo questa la loro prima interazione con il genere è un’impresa di tutto rispetto.
Lies of P ci introduce al suo gameplay immediatamente dopo aver iniziato una nuova partita. I veterani del genere si sentiranno subito a casa, grazie ai tasti pressoché identici ai titoli From Software. La mobilità e la velocità del burattino è più lenta e pesante, portando il giocatore ad agire in modo più ponderato alle minacce, se non si vuole essere puniti. Il famoso roll dei souls è molto meno preponderante rispetto ai canoni e la maggior parte delle volte, l’unico modo che si ha per evitare un attacco nemico è tramite la parata, che si suddivide in due parti: quella parziale e quella perfetta.
Se si esegue un parry parziale, la salute del burattino cala ma è possibile recuperarla con degli attacchi, proprio come con il Rally System di Bloodborne, mentre con una parata perfetta non solo non subirete alcun danno, ma riuscirete a danneggiare la postura dell’avversario, dove avrete poi l’occasione di sferrare un attacco devastante. Ed è proprio qui che Lies of P tende il suo tranello, giocarlo come un Dark Souls vi porterà ad una morte prematura, la schivata infatti risulta uno strumento molto più situazionale, rispetto al parry. Già dal primissimo boss Lies of P mette in chiaro le sue intenzioni, integrando al suo interno la ritmicità e il sangue freddo di un Sekiro, tuttavia c’è un inghippo non indifferente. Scordatevi la velocità fulminea di Lupo, o il premere ripetutamente il tasto di parata nella speranza di azzeccare il tempismo, Lies of P non perdona, bisogna azzeccare il punto di impatto al millimetro, se volete eseguire un parry perfetto.
Nel momento in cui tenterete di effettuare consecutivamente il comando di parata, sarete bloccati in uno specifico frame di animazione, che seppur breve è abbastanza per trovarsi faccia a terra. Lo stesso vale per i “Fury Attacks” attacchi speciali del nemico in cui l’avversario brilla di rosso prima di attaccare, quando questo succede il tempismo di parry diventa obbligatorio e la punizione per lo sbaglio severa. In buona sostanza Lies of P è un videogioco con un tetto di difficoltà molto alto, che potrebbe mettere in difficoltà persino i veterani del genere.
Lies of P vanta di una straordinaria varietà di armi, con la possibilità di combinare assieme le varie else alle specifiche basi armamentarie, dando nelle mani del giocatore il potere di plasmare non solo il suo moveset, ma di scegliere lo scaling tramite l’uso delle manovelle, che si possono acquistare o trovare nel mondo. In quanto a moveset, non siamo davanti alla complessità di un Bloodborne, ma in base a come deciderete di assemblare la vostra arma, avrete una discreta opzione di approccio, soprattutto con le armi speciali, ottenibili tramite le anime dei boss.
Abbiamo inoltre il braccio meccanico, che offre un vantaggio supplementare, si può infatti decidere di montare un braccio difensivo o di crowd control, oppure optare per applicare degli status come scossa o bruciatura. Ogni braccio ha un suo peso specifico, portando a fare molta attenzione nel trovare un giusto equilibrio tra armi, accessori e braccio se non si vuole restare appesantiti dal carico. E a proposito di accessori, essendo il vestiario solo estetica, ogni singolo aspetto di difesa fisica, elementare e status, sono determinati da pezzi di accessoriato, con la possibilità di equipaggiarsi anelli che donano abilità passive. All’inizio ne avrete accesso solo a due, ma grazie all’albero delle abilità sbloccabile più avanti, è possibile ampliare gli slot, oltre che a importantissimi potenziamenti individuali, come l’aumento delle cure e la loro efficacia.
In poche parole, Lies of P offre nella sua complessità un solido gameplay, derivativo di una ibridazione delle opere di From, ma che non risulta forzata o stucchevole.
Una panoramica più dettagliata sul sistema di combattimento, possiamo averla durante le Boss Fight. Fin da subito il gioco vi incastrerà in una spirale di trial and error, finché non riuscirete ad assimilare il moveset e il ritmo di parry. Affrontare completamente da soli i boss vi renderà onore, ma non è l’unica opzione a vostra disposizione, al contrario Lies of P vi da la possibilità di usare un NPC evocabile tramite un consumabile, facilmente ottenibile durante il proseguimento dell’avventura. L’uso dello spettro vi aiuterà a superare i boss con più facilità, anche grazie al Cubo: uno strumento che vi permetterà di usufruire di cure e buff per il vostro spettro, o se si vuole affrontare il boss per conto proprio, anche per il giocatore stesso.
Da non sottovalutare sono gli oggetti lanciabili, la cui potenza varia in base a debolezze e a scaling di caratteristiche, che vi forniranno supporto supplementare ai combattimenti più ostici. La difficoltà dei Boss è piuttosto verticale, offrendovi un grado di sfida sempre più elevato, che può variare in base anche a che tipo di arma si usa, dal tempismo di parata, o se si sfrutta o meno le debolezze elementali o di status. Ad aiutarvi con questo ci sono le “Mole Speciali” che offrono una temporanea infusione dell’arma, che permettono di darvi un’occasione in più durante i combattimenti più ardui. Sta al giocatore studiare attentamente quale mola o quale oggetto usare per tenere in scacco l’avversario, e grazie ad un intuitivo e intelligente sistema di HUD, si possono assegnare a vari hotkeys tutto ciò che può complementare il vostro stile di combattimento e approccio.
Una meccanica cruciale del titolo sono le “Fable Arts”: attacchi speciali o potenziamenti temporanei, specifici per ogni base o elsa con la quale avete assemblato la vostra arma. Questa abilità, ricaricabile tramite i parry, attacchi o oggetti consumabili, possono risultare essere chiave per rovesciare le sorti di un combattimento ostico. Anche qui, il giocatore ha libertà di scelta, in base a come avete assemblato le armi, su come gestire le Fable Arts con la quale si trova di più a suo agio, fino ad arrivare a quelle delle armi speciali, che possono essere a dir poco incredibili.
Uno degli elementi più delicati all’interno di un Soulsborne è il Level Design. La maestria di From nel creare luoghi così ben geograficamente strutturati, sono ben noti a tutti. Lies of P sorprende anche sotto questo punto di vista, con la sua Krat da Belle Epoque, dalla geografia accattivante e un level design intelligente, che si alterna con il passare del tempo da alba a notte fonda, con tanto di condizioni meteorologiche. Nonostante sia estremamente lineare, esso non viene mai a noia e non risulta mai sottotono, offrendo costante meraviglia e anche una gran cura nei dettagli più minuziosi, un qualcosa che non ha nulla da invidiare ai titoli più datati di From Software.
Strabiliante è anche l’Hub centrale di gioco. L’Hotel Krat è piacevole da esplorare, meraviglioso da vedere, con gli npc chiave posizionati in luoghi intuitivi. Qui possiamo ascoltare musica da un Jukebox, con dischi ottenibili all’interno del mondo e nelle questline, e aree di allenamento con manichini dedicati, dove possiamo testare i moveset delle nostre armi e allenarci con i parry. Probabilmente l’unica cosa che potrebbe creare dispiacere nel cuore di chi è abituato alle strutture dei Souls, è la quasi totale mancanza di backtracking, se non per specifiche e piacevoli cacce al tesoro, che vi porteranno a tornare in aree passate. Ovviamente non mancheranno segreti e zone nascoste per gli occhi di esploratori più attenti, ma dimenticatevi muri illusori o aree opzionali, Lies of P su questo è un vero e proprio serpentone di Re Kaio, conciso e dritto al punto, ma che non mancherà di strappare un sussulto di sorpresa allo sblocco di certi shortcut.
Complice il fatto di un comparto grafico eccellente, una soundtrack rispettabile e ottimo sound design, Lies of P riesce a veicolare grandi emozioni, stupore e meraviglia, ma anche orrore e paura davanti agli scenari più grotteschi e violenti. Il gioco ha un’eccellente stabilità di Frame Rate, che gode di un godibile e costante 60 fps se si decide di giocare in modalità performance. Fatta eccezione per qualche occasionale popup di caricamento e di alcune texture in bassa risoluzione, scegliere questa modalità non intaccherà in alcun modo l’impatto visivo del titolo.
Non a caso ho fatto menzione, anche se in modo metaforico, a terminologie come “Formula Alchemica” o “Pietra Filosofale”. La narrativa di Lies of P infatti attinge a profonde conoscenze della cultura dell’alchimia, coniugata in modo brillante a concetti religiosi sul movimento esoterico dello Gnosticismo.
Il World Building e la lore del titolo vengono narrate silenziosamente attraverso le ambientazioni di gioco, sui codex sparsi per la mappa, oltre che alle immancabili Quest, alle descrizioni degli oggetti e ai dialoghi degli NPC, proprio come se fosse un titolo Soulsborne. Anche qui, Lies of P riesce dove i suoi simili in passato hanno fallito, creando quella stessa curiosità e meraviglia, caratteristiche delle opere From Software. Per chi ama studiare questi titoli attraverso questa tipologia di narrazione, arriverete a fine storia con un’ottima comprensione degli eventi, rendendolo quindi un titolo facilmente comprensibile rispetto alla metafisicità di un Bloodborne, o alla mitologia di un Dark Souls.
La vera complessità sta nello studiare la cultura sulla quale si basa l’intero world building, io stesso prima di scrivere questa recensione ho avuto il piacere di consultarmi con i video di un preparato Content Creator, nonché reale alchimista del Web (Max Derrat), che ha esaminato il titolo in modo approfondito, cogliendo in esso non solo un intelligente e brillante conoscenza della dottrina, ma anche numerose ispirazioni ad anime di un certo peso come Ergo Proxy e Full Metal Alchemist Brotherhood. Lies of P ha dunque del potenziale immenso nella sua struttura narrativa e nulla va preso sottogamba, affascinando con la sua atmosfera da rivoluzione industriale, mischiandola ad occultismo ed esoterismo.
In conclusione Lies of P è un titolo eccellente, che offre un’ottima longevità. Il viaggio del burattino si può concludere in circa 40 ore, rigiocabile grazie alla varietà delle armi, finali alternativi e altri piccoli segreti che possono stupirvi. Le criticità sono indirizzate ad un posizionamento di nemici a volte poco bilanciato, con numerosi agguati che soprattutto nelle aree finali, possono essere sinonimo di una difficoltà artificiale, ma che si presentano solo in un numero limitato di occasioni.
Un altro singhiozzo è nei riguardi di alcune ambientazioni, concetti di lore, boss e mosse specifiche di quest’ultimi, che potrebbero risultare eccessivamente derivative dei titoli From, dando quindi l’impressione, seppur non polarizzante, di essere in un’opera poco ispirata.
Lies of P riesce nell’intento di riproporre in maniera grandiosa la formula di From Software, riuscendo anche a conquistare con la sua difficoltà e la sua narrativa, ma va tenuto in considerazione che questo è un titolo difficile, che potrebbe non incontrare il favore di coloro che hanno poca pazienza e voglia di incastrarsi anche per ore, davanti ad un boss ostico.
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