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Dopo la pubblicazione dell’album (e loro capolavoro) “III: Viaggio negli arcipelaghi del tempo” del 1974, i Delirium si sciolgono tra il disinteressamento totale di pubblico e critica. Nei primi anni ‘90, complice un nuovo interesse stuzzicato da alcuni nuovi arrangiamenti dei loro pezzi storici, il gruppo si riforma e comincia ad esibirsi regolarmente dal vivo. Nel 2007, danno alle stampe – l’etichetta è la celebre Black Widow Records di Genova – il live “Vibrazioni notturne“, che sancisce il loro ritorno ufficiale.
“Il nome del vento” è la loro nuovissima uscita discografica (targata nuovamente Black Widow Records) che, finalmente, ci mostra un gruppo rinato, pieno di ispirazione e di linfa vitale. Affiatato. Non sono stati lasciati soli nel plasmare quest’ennesima fatica. A dargli man forte il loro storico paroliere (precisamente da “Lo scemo e il villaggio”, secondo lavoro orfano del carismatico Ivano Fossati) Mauro La Luce, la splendida voce di Sophya Baccini e quella di alcuni ex-amici come Mimmo Di Martino (loro ex-chitarrista) e Stefano “Lupo” Galifi dei Museo Rosenbach; e un quartetto d’archi che ci riporta alle atmosfere di “III…”.
Tastiere e flauto ci portano indietro nel tempo, precisamente all’album precedente, poiché viene ripresa Dio del silenzio (In un attimo di eternità/sono la fiamma che non muore mai…). Questo l’incipt del disco.
La title track ci accompagna in atmosfere sognati, incantate, dove la voce di Mimmo Di Martino unita a quella di Sophya Baccini ci conducono in sinuosità magiche, complici anche gli archi, che giocano un ruolo cardine. Si giunge poi a Verso il naufragio, interessante brano guidato dal sax di Grice che sfocia in un tributo/citazione di Theme One dei maestri Van der Graaf Generator. Momenti ricchi di pathos sono anche L’acquario delle stelle, Profeta senza profezie e , sopratutto, la suite Dopo il vento, oltre 9 minuti di sano genio creativo.
Un gradito, anzi, graditissimo ritorno.
Marco Gargiulo
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