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“I bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato” ma, a rinfrescarci la memoria, ci pensa Le-Li con il suo album di debutto “My life on a pear tree“.
Il duo, composto da Le-Li e John, ci regala una graziosa perla pop-naif per nulla prevedibile che combina la spensieratezza puerile con un pizzico di adulta malinconia attraverso tredici tracce cantate in inglese, italiano e francese (Mon amour e Chat noir). L’album, prodotto artisticamente da Matteo Romagnoli (4fioriperzoe), si avvale del prezioso contributo di Alessandro Grazian (co-autore di quattro brani). Brani orecchiabili, arrangiamenti variopinti ed estrosi in cui la versatilità di Le-Li (suona il contrabbasso, sitar, dilruba, glockenspiel, harmonium) e quella dei suoi eccelsi collaboratori (fra cui Marcello Petruzzi, Valerio Canè e Nicola Manzan) la fa da padrona sin dalla burtoniana Junk Girl, il cui tono giocoso è enfatizzato dall’uso di un piano giocattolo. Uno stile introverso, scandito dai rintocchi di un metronomo e dal rhodes di Nicola Manzan (Bologna Violenta), accompagna le note di una nostalgica ninna nanna (Lullaby). Cenere sul tavolo si distacca nettamente dal mood dell’intero disco ed esorcizza il tempo a suon di blues. Nell’album c’è spazio anche per due cover: l’adorabile Lithium (Nirvana) da cantare allegramente sotto la doccia e il duetto “vintage” di Anyone else but you (Moldy Peaches) nella versione adattata alla lingua italiana Io vedo quello che nessuno può. Which way è il perfetto “vissero felici e contenti”di tutte le favole boolywoodiane (e non) in cui appare il principe azzurro sulle note suadenti del sitar e dilruba.
Un disco molto piacevole che scivola via che è una meraviglia. Brava!
Miria Colasante
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