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Presi singolarmente, Matteo Scannicchio e Andrea Ruggiero sono due musicisti la cui vita è un’avventura che li vede principalmente impegnati nel ruolo di session men: il primo è ormai parte integrante della band che accompagna Valentina Lupi, mentre il secondo si ritrova perso tra i campi di grano della fattoria di Zucchero. Ma i molteplici punti in comune lasciavano già intuire la cottura di qualcosa che li avrebbe visti non in secondo, ma in primo piano. Sono peraltro in buona compagnia, poiché ad assisterli ci sono Giorgio Maria Condemi, già con gli Spiritual Front, Cesare Petulicchio, metà dei Bud Spencer Blues Explosion, e una vecchia volpe come Giorgio Canali, con la duplice veste di strumentista e produttore.
Insomma, con una squadra del genere le premesse ci sono tutte affinché possa prendere vita il progetto Operaja Criminale, e di conseguenza “Roma, guanti e argento“, loro primo lavoro in studio, pubblicato con la Psicolabel.
Ma cos’è quest’album? Innanzitutto, già da quel trascinante brano di traino che è E.C.G., con tanto di videoclip che mostra un Canali nell’inedita veste di malato terminale, è chiaro come il termine “laboratorio ideologico musicale” non sia stato scelto a caso. La struttura dei singoli brani segue tante strade in un unico schema, nel quale questi hanno più di una forma, sia che partano lasciando spazio primariamente alle dissonanze delle chitarre in contrapposizione con la voce dello stesso Scannicchio, prima di continuare con il raggiungimento di una vera e propria esplosione, che quando si parte già con un suono tirato.
“Il muro di fango è caduto nel cuore di questo perfetto paese, e vedo una madre tornare alla terra, e la terra diventare madre“.
Già i due ritratti geosonori, immaginati in quel della Capitale, che sono Torino e Milano, nell’essere l’una l’opposto dell’altra, l’elettrico e l’acustico, la scarica elettrica e la ballata (anche se l’armonica, cosa insolita, non è presente nella seconda), eppure entrambe prossime al raggiungimento del climax, tengono fede allo scopo del gruppo. Mentre L’ordine naturale delle cose e La mia città è morta sono brani dove, tra improvvisi e leggeri richiami al progressive rock dei 70’s, gioca un ruolo importante persino uno strumento come il moog, sia quando ha a che fare con il suo stesso proprietario (Scannicchio) nel momento in cui la voce è furiosa, sia quando a spalleggiare questo, nel primo caso, c’è una donna non da poco conto come Ilenia Volpe, i cui contributi sono belli che visibili. Come anche in uno dei due movimenti di Tremore, concepiti in differenti stati d’animo proprio come le due città rappresentate sopra. Forse tali da formare un’ipotetica suite.
A chiudere il cerchio sono due brani come La routine dei guanti e Grave, forse le più ferrettiane, stilisticamente parlando, del disco, e un caso a parte come Fine marzo, cronaca di un’assurda circostanza raccontata al suono di un devastante noise punk.
“La gente che non ha niente da fare si dimentica di noi, protetta dall’avvento dei nuovi mercati alternativi ai nostri guai, vieni anche tu nella città dei caroselli, delle Madonnine, delle guglie asmatiche, delle puttane, dei tribunali messi a testa in giù, punta tutto sulle mie promesse e gioca un briciolo di colpa sulle tue scommesse, la Milano della moda, la Milano dei capelli deboli e poi persi… “.
“Roma, guanti e argento” è un’entrata in scena che merita moltissima considerazione, è un bersaglio centrato da parte di un gruppo di musicisti che sono più che dei semplici (e meritevoli) session men, bensì persone con un sogno nel cassetto. Un sogno condiviso da tutti loro in una cellula come quella che prende il nome di Operaja Criminale.
“Non ti girare, lei sta guardando, non ti girare… molto bene“.
Anche perché sono più persone a guardare. È l’occasione opportuna.
Gustavo Tagliaferri per Mag-Music
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