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Dopo il ben accolto EP omonimo, si era creata un’attesa quasi magica verso Colapesce. Attesa che è premiata nel miglior modo possibile perché, inutile prolungarci, “Un meraviglioso declino” è un grande album. In questo primo lungo lavoro la palpabile onestà di Urciullo trova una sapiente produzione che sposta la lancetta dal sound da cameretta cui ci aveva abituato verso una melodicità sicuramente più convenzionale (il cantautorato classico è vicinissimo), ma adagiata su una precisione compositiva che, anche senza variare troppo, soddisfa dal primo all’ultimo minuto d’ascolto (importante sarà stato il contribuito di Roy Paci nella sezione d’ottoni, di Alessandro Raina degli Amor Fou, di Andrea Suriani dei My Awesome Mixtape).
Le rose di “Un meraviglioso declino” sbocciano proprio nel loro ideale contesto storico, ed è anche per questo che tutti e tredici i brani formano un mood quasi da lacrima sul viso. Ma la vera novità si scova nell’impressionante capacità poetica di Urciullo. Tra un sentire prevalentemente frutto di gioie-dolori-sentimenti quotidiani che non ha paura di rivolgersi al sociale, ogni brano tratta di proprie semplici esperienze, inquietudini private e generali (perche sì, I barbari ci colpiranno tutti) e dimostrazioni d’affetto verso la persona amata (“dividere una sigaretta con te è sempre un piacere, anche se questo è un giorno di guerra”, da Un giorno di festa). Ed è così che le liriche, in simpatia con l’accecante e perenne verve melodica, costituiscono un’atmosfera pregna d’urgenza e d’onestà. Ci vuole poco a emozionarsi con le linee vocali di S’illumina, con la soffice imponenza di Un giorno di festa e con la dolce classicità degli archi in Le foglie appese; e altrettanto con la più intima Oasi, che parte da un’impostazione quasi Sparklehorse per poi dirigersi verso un refrain malinconico e denso di stanchezza, nello stesso modo della palese solitudine dimostrata in La distruzione di un amore o in Bogotà. Più spinte e decisive appaiono invece La zona rossa, I barbari (speziata dai fiati curati dal maestro Roy Paci) e Quando tutto diventò blu.
A differenza dei tanti falsi sentimentalismi che spesso, in Italia, fanno capolino nel genere qui proposto, quello di Colapesce è forse uno degli album più sinceri ed emotivamente sentiti degli ultimi anni. Solo per questo merita i massimi complimenti. Poi, se ci aggiungi musicalità e savoir faire in queste precise dosi, beh, il gioco è fatto.
Davide Ingrosso
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