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Ogni primo aprile gli antichi romani celebravano i Veneralia, festività dedicata alla Venere Verticordia (letteralmente: “Che apre i cuori”). E se gli Electric Taurus hanno deciso di dare questo titolo al loro album d’esordio, un motivo doveva pur esserci: “Veneralia” è una fucilata di rock and roll che trapassa il torace e arriva dritto al cuore.
La band, con base a Dublino, è riuscita nel difficile compito di creare un ponte musical/temporale tra i mostri sacri degli anni ’60 e ’70 (Hendrix, Black Sabbath, Led Zeppelin, Deep Purple) e l’armata stoner di più recente memoria, dagli Electric Wizard agli Orange Goblin, passando per gli immancabili Kyuss. E non a caso nell’opener Mountains ci sembra di sentire un ruggente John Garcia sulla musica dei migliori Zeppelin.
Il disco non è mai uguale a se stesso: nelle sei lunghe tracce (tutte sopra i sei minuti) gli stili si mescolano e si alternano, e anche nei momenti più pestati c’è sempre spazio per melodie ammiccanti al classico rock di stampo blues; il tutto montato sulla solida impalcatura ritmica di una batteria che viaggia tra la tecnica di John Bonham e la potenza di Dave Grohl. Da non perdere il trittico Mescalina/If/At the Edge of the Earth, sintesi perfetta della complessità di quest’album, impreziosita da spolverate di jazz e progressive à la King Crimson di 21st Century Schizoid Man. Peccato solamente per la voce, che nei momenti più strettamente melodici del disco non riesce a convincere al cento per cento.
Un ascolto elettrizzante che, dopo Shinin Shade e Prehistoric Pigs, segna un altro centro per l’italiana Moonlight Records. Avanti così.
Dario Marchetti
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