Yoann Lemoine è sicuramente uno dei personaggi più intriganti degli ultimi anni. Francese, regista di conclamata bravura, dopo aver vinto ben 5 Leoni al Festival internazionale della pubblicità di Cannes con “Graffiti”, e dopo aver realizzato videoclip per gente come Katy Perry, Lana del Rey e Moby, ha creato il progetto Woodkid. Un EP di quattro brani, “Iron”, che ha subito fatto gridare al miracolo e, da poco meno di un mese, l’uscita “The Golden Age“, un debutto che, per quanto ad alcuni potrà sembrare furbetto, sicuramente è l’emblema del talento versatile, ricco e completo di Lemoine. Tanta la curiosità, quindi, per la data romana di un artista ormai sulla bocca di tutti.
Secondo show del tour (dopo la prima della sera precedente a Milano), in una sala “Sinopoli” al completo, Woodkid sale sul palco poco dopo le 21, accompagnato da una band composta da un tastierista, un addetto a samples e synth, due percussionisti e un trio di fiati. Cappellino con visiera immancabile, voce penetrante, calda e personalissima, umiltà e simpatia: questo è Woodkid.
Colpisce sin da subito un maxischermo sullo sfondo che non smette di proiettare video che si adattanoa perfezione ai suoni creati da Lemoine& co., tra elettronica, ritmi incalzanti e basi orchestrali. Le luci poi, sapientemente gestite, completano il tutto, in un quadro di musica e immagini che non poteva che essere ideato da un regista di alto livello. La setlist è un crescendo: si parte da brani più pacati (tra i quali una splendida Brooklyn ricacciata da “Iron”) salendo via via d’intensità per arrivare al climax di Run Boy Run, con l’ormai nota statua del bambino proiettata sullo sfondo e sgretolata in mille pezzi e il pubblico che, incalzato dall’artista francese, abbandona i posti a sedere per fiondarsi in visibilio sotto al palco.
Vuoi per la location più che mai azzeccata, vuoi per la completa e perfetta integrazione del trittico musica, immagini e luci, vuoi le qualità di un ottimo debutto i cui brani live si fanno apprezzare ancora meglio, per chi scrive sicuramente uno di quei concerti che, a fine anno, entrerà di diritto nella top 5 del 2013.
Livio Ghilardi
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