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Vorrei ritornare un po’ a quello che scrissi riguardo all’EP d’esordio della band. Siamo in territori evidentemente sludge, di quello che al giorno d’oggi, nonostante il potente ritorno di fiamma mediatico di un genere underground già saldo, sa essere autenticocome nel passato, come se le band fossero, di fatto, state in grado di aggiungere depravazione a depravazione, come se fossero riuscite a oltrepassare la cifra umana di acts già al limite della pietà e della disfunzione come Eyehategod, Crowbar e molti altri. È successo nel frattempo che i generi si sono incrociati tra di loro, che la possente cifra stilistica che era originata da un malessere autentico si trasformasse in un cliché ben definito. E non è che in quel caso puoi dire niente: genere chiama genere, la musica si trasforma e gli artisti partecipanti acchiappano sempre ciò che è già stato inciso ed è già noto per renderlo un mezzo collaudato della loro espressione musicale.
Quindi, senza retorica, aspettarsi uno scarto colossale a livello di struttura da parte di una band piccola, lavoratrice e fieramente underground come i Grime mi pare veramente chiedere troppo, come se questo poi potesse darsi già al primo disco! Ma siccome noi con questi gruppi ci cresciamo, vogliamo l’impossibile.
Non romperò le scatole: il disco è ottimo. È ottima la produzione, sporca e lo-fi come richiede il genere, è ottima anche la scelta di portare all’esasperazione l’intensità di un suono che ancora nello scorso EP recava i sintomi di quella ricaduta nel southern che, francamente, mi fa piacere si sia più rarefatta. La voce è distorta proprio in favore della spersonalizzazione cui mi riferivo quando allora parlavo di fisicità, la brutalità del tutto assale l’ascoltatore con le modalità che sono proprie di quelle band che hanno assunto un atteggiamento distaccato e quasi negano un diretto coinvolgimento fisico con la questione musicale in sé. È sempre agli Eyehategod che mi riferisco, e a tutte quelle band che, passando per l’hardcore e senza il filtro del metal estremo, hanno inciso realmente nell’immaginario sludge per l’assunzione totale dei valori della causa. L’inumana resa dei Grime ha origine proprio in questo rapporto più disinvolto con la radice del suono. Letali e inamovibili come certi loro cuginetti triestini (The Secret).
Come i Mistress di Dave Hunt, se questi avessero avuto meno senso dell’umorismo. Come certi Iron Monkey, se invece che droghe e demenza avessimo dato loro nebbia e cinismo del nord-est in pasto. Come dei cultissimi Grief, ma con una rinnovata coscienza della disfatta. Perché qui ci si fa male davvero.
Escono per Forcefield Records.
Nunzio Lamonaca
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