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Due anni dopo l’uscita del loro primo album, “The Third Aeon“, finalmente i Black Oath giungono a placare gli animi dei loro fan con questo secondo full-length, “Ov Qliphoth and Darkness“.
La band rispetta tutti i canoni peculiari del genere di cui gruppi come Black Sabbath, Black Widow e Pentagram furono i precursori: il doom-metal. Nonostante l’ancoraggio della band a certi canoni, c’è l’intento di portare qualcosa di nuovo nel panorama doom, come si può sentire per esempio nel brano Witch Night Curse.
L’album si apre con il brano Esbat (Lamiae Sinagoge Pt. 2), una sorta di preghiera funerea con la quale i ragazzi ci invitano ad ascoltare e ad addentrarci nel loro mondo oscuro. La prima metà del disco è caratterizzata da tempi lenti e da note cupe e spettrali che sorreggono la voce pulita di A.Th. I riff, caldi e saturi, trasmettono una buona dose di tensione mischiata ad un sentimento d’angoscia, ponendo, a tempo dovuto, supporto ai fraseggi della chitarra, ridotti all’essenziale. In Witch Night Curse e Drakon, Its Shadows Upon Us, invece, il ritmo diventa più incalzante, il tema diviene più grintoso, i soli di chitarra più ricercati; ora ci troviamo in un limbo, sembra quasi di aver abbandonato il dominio della paura e del senso funereo. Permane la sensazione d’angoscia, ma viene trasmessa una buona dose di grinta.
Nei due brani finali (la title-track e ..My Death), si ritorna a sperimentare la tensione peculiare delle note iniziali, concludendo così l’ascolto di un album che denota senza dubbio la crescita di una band che si rivela essere interessante, in quello che è il panorama del doom-metal italiano (e non solo).
Andrea Salvioni
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