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In un certo senso, gli svedesi In Solitude ci avevano avvisato. Gli album che hanno preceduto “Sister“, tra le righe del loro naturale impeto a ricalcare le strade battute da King Diamond, nascondevano un monito importante: “A breve esploderemo”.
La promessa della giovanissima formazione scandinava è stata ampiamente mantenuta, attraverso la costruzione di un album molto intimista, dai toni cupi e romantici che, senza timore, abbandona il “referenzialismo” nei confronti del metal anni ’80, per offrire uno sviluppo moderno di quello che, talvolta, può risultare un cliché anacronistico. Ciò che, a mio parere, rende quest’album il disco dell’anno, è il rapporto dialogico tra giovane e vecchio, tra passato e presente, sapientemente orchestrato da una logica musicale ad ampio respiro.
Gli In Solitude hanno centrato l’obiettivo, sfornando quello che può diventare un classico senza tempo, in grado di convogliare gli ascolti di vecchi metallari della precedente generazione e di nuove e nutrite schiere di adolescenti. A rafforzare questa tesi, vi è la scelta di utilizzare suoni sporchi, deliziosamente vintage, nascondendo, con molta intelligenza, la modernità complessiva della composizione e lasciando il dubbio che l’album sia stato ripescato direttamente dall’età dell’oro del metal (’80).
Oltre all’indubbia originalità espressiva dei chitarristi Niklas Lindström ed Henrik Palm, e alla forza della voce evocativa e dissoluta di Pelle Åhman, bisogna mettere l’accento sulla prova del batterista Bruniusson e del bassista Gottfrid Åhman. La qualità del loro lavoro si condensa in quella che è la prerogativa migliore del disco, ovvero la capacità di vivere attraverso una respirazione pulsante, che si sviluppa lungo le otto tracce, senza mai un calo di prestazione. Batteria e basso scandiscono questo ritmo vitale, donando quella dinamicità strutturale che è stata perfettamente cavalcata dagli altri componenti della band.
Tra spiragli di My Dying Bride, suggestioni mercyfuliane e sentori di Black Sabbath, gli In Solitude hanno trovato il loro sound, rendendoci partecipi di un grande successo creativo.
Adrian Nadir Petrachi
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