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Solitamente dal vivo si dimostra più efficace come frontman chi fa molta scena ed è dotato di un certo carisma; e di conseguenza il mondo della musica si presta particolarmente a sfornare esaltati pronti a qualsiasi cosa pur di attirare l’attenzione. Ma per fortuna solo saltuariamente ci si ritrova a sentire dal vivo discorsi, in italiano, contro i nemici del vero metal come quello di Joey DeMaio degli americani Manowar. Più unici che rari sono invece quei concerti dove le parole sono ridotte al minimo e i fatti predominano. E mi riferisco, in particolare, a quello degli Ufomammut.
Dal gruppo piemontese non è arrivata una parola d’interazione con la platea durante tutta l’esibizione – se non qualche “grazie” ogni tanto a fine canzone – ma solo un continuum musicale ininterrotto caratterizzato da forti tensioni emotive. Il trio inonda ormai da quasi quindici anni l’Italia e il resto del mondo con il suo stoner metal e la sua rozza e sporca psichedelia. I loro ritmi piacevolmente reiterati si fanno ancora più ipnotici live; la voce effettata e il basso distorto danno quella cattiveria in più che risulta indispensabile per una buona resa dal vivo. Oltre a ritmi talvolta terzinati, quasi blueseggianti, colpiscono particolarmente i tempi dispari e sincopati che gli Ufomammut dimostrano di non disdegnare: la chitarra in 7/8 cadenzata dalla batteria in 4/4 di Sulphurdew risulta inizialmente disorientante, ma questa sua lisergica confusione non può che giovare alla buona riuscita della serata.
Difatti il pubblico pare apprezzare molto musica e atmosfera, e l’odore di marijuana nella sala del Traffic si fa spesso travolgente e inebriante accompagnando, insieme alle immagini proiettate sulla parete dietro al palco, il trip mentale che ogni spettatore è stato portato a intraprendere.
Edoardo Giardina
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