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Cos’è la meritocrazia, se non una regola che sta particolarmente a cuore a chiunque cerchi di farsi strada nella vita con umiltà, semplicità e senza alcuna pretesa, ed al contempo un tema oggigiorno finito al macero per una lunga serie di motivi discussi e stradiscussi? Certamente non è solo questo per i Venus in Furs, quartetto di Pontedera che già con l’esordio “Siamo pur sempre animali” aveva dato prova di un talento caratterizzato da una certa grinta e voglia di trascinare senza mai cadere nella scontatezza. Parlare di “Braccia rubate all’agricoltura“, o più semplicemente “BRA!” vuol dire proprio questo, anche a costo di tentare per la prima volta un insolito formato di distribuzione come il key-play USB. Una decisione che comporta anche diverse sorprese nel repertorio dei nostri, perché se lo spaesamento di Sotto stress e soprattutto l’irruenza della title track, con una sempre ottima performance vocale da parte di Claudio Terreni, riprendono con la giusta dose di carica il discorso del disco precedente, una nota in particolare la meritano la lievemente boogieggiante Leggings, il rock ‘n’ roll di Nel nome del padre, con tanto di beffarda introduzione nazional-afro-popolare il cui titolo (Nel blues dipinto di blues) che è tutto un programma, e lo spaccato di vita quasi cinematografico di Via del Cappello che funge da momento più intimo dell’opera, grazie anche al suo andamento cadenzato e ben calibrato. Solo sei momenti, ma tali da permettere ad un album del genere di non lasciarsi mai andare, aspettando future sorprese da parte dei nostri.
Gustavo Tagliaferri
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