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Anche solo osservando la copertina del disco è possibile rendersi conto che qui il confronto è con dei pesi massimi. Partire dallo splendido lavoro grafico è a mio avviso un buon inizio per approcciarsi ad un album del genere: tutto ciò che è contenuto in “The Viper Slithers in the Ashes of What Remains” è perfettamente descritto dal meraviglioso artwork (opera di Views from the Coffin, nome dietro il quale si cela uno dei disegnatori-illustratori “musicali” più validi della penisola) ovvero un condensato di musica fumosa e lentissima, strisciante come una vipera nero pece, fra le ceneri e i resti che i Fuoco Fatuo si lasciano alle spalle.
Parafrasando potremmo dire di essere al cospetto di un trio dedito al più paradigmatico e mastodontico funeral-doom. Effettivamente potremmo ma sarebbe un’analisi corretta solo ad un ascolto superficiale; certo, la ripetitività, l’incedere cadenzato dei riff, la marcescenza delle linee vocali, la profondità lirica e tutti gli altri elementi del genere sono presenti e ben riconoscibili ma, e questo è un decisivo punto a favore, le soluzioni ritmiche e melodiche sono ragionate, contaminate con evocative incursioni black e mai stancanti. Cristallizzazione di quanto detto è sicuramente la seconda traccia, Junipers of Black Iridescence, davvero solenne.
Doverosa menzione merita anche l’importante lavoro di missaggio e produzione, che trasporta perfettamente il tenebroso concetto veicolato dalla musica anche a livello di suoni, creando un’incredibile effetto catacombale (particolarmente negli splendidi suoni di batteria).
Il trio lombardo ci conduce in una spirale funebre fatta di oscurità e tormentosa sofferenza, niente redenzione, nessun barlume di speranza, nessun riposo, nessuna tregua, solo soffocante agonia.
L’assenza di un lieto fine la rende sicuramente una produzione di una certa complessità e monolitica mole ma, premesso un necessario “astenersi deboli di cuore”, possiamo senza dubbio etichettare il tutto come “disco da avere”.
Fabio Fiori
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