Words painted blood: intervista a Stefano Cerati

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Stefano Cerati, con il suo testo A sud del paradiso, ci apre una finestra su un inferno fatto di metallo. L’anima degli Slayer, in questo lavoro prodotto dalla Tsunami Edizioni, si presenta nuda e violenta, come una fiamma dell’Ade. Ne parliamo con il suo autore, uno dei più grandi esploratori dei terreni estremi del metal, nonchè firma autorevole su alcune delle principali riviste di settore.

“A sud del paradiso” rappresenta una bibbia per il fan slayeriano, palesemente scritta da un vero amante degli Slayer. Ciò che mi ha colpito, in questo testo, è il senso di profondo amore per la band, consacrato da una militanza pluridecennale. Quanti anni sono che hai queste pagine nella mente?

In mente non ce l’ho da tanto tempo. L’idea mi nacque per omaggiare i 30 anni di carriera discografica della band e quindi cominciai con l’intenzione di uscire nel 2013, visto che a dicembre 1983 è uscito “Show No Mercy”. Quindi ho iniziato a lavorarci a fine 2012 con l’idea di uscire in estate oppure aspettare l’uscita del nuovo album che era già stata annunciata da tempo. Purtroppo tutti sappiamo come sono andate a finire le cose, con la morte di Jeff Hanneman ed anche l’uscita del disco accantonata. Il libro sarebbe potuto uscire l’estate scorsa, ma come ho scritto nell’introduzione, dopo la morte di Jeff non avevo proprio voglia di metterci mano e quindi ho proceduto con calma alla revisione del testo ed a correggere tutti gli errori e le sfumature dopo l’estate.

Il thrash ha avuto una funzione molto chiara e definita, nella storia del metal, sporcando di maschio sozzume i volti patinati del glam. In che modo e in quale entità, Araya, Hanneman e compagni, hanno preso parte a questo movimento?

Beh, gli Slayer sono tra le band che questo movimento l’hanno inventato, insieme a Metallica, Exodus e Anthrax. Anzi sono stati quelli che l’hanno meglio definito ed hanno esaltato le sue caratteristiche. Bisogna anche vedere che cosa intendiamo per thrash. Per me il thrash è la fusione della pesantezza dell’heavy metal con la velocità dell’hardcore ed in questo gli Slayer sono stati molto più significativi di tutte le altre band citate sopra perché Hanneman aveva un background hardcore fortissimo. Inoltre gli Slayer nascono a Los Angeles e trionfano a Los Angeles, non hanno dovuto emigrare a san Francisco come “qualcun altro” perché lì c’era una scena. Molto più facile emergere quando hai una scena ed un comunità che ti supporta. Invece gli Slayer hanno fatto tutto da soli o quasi, il primo disco se lo sono pagato con i propri soldi perché Brian Slagel della Metal Blade non aveva abbastanza denaro. Mi piace pensare che fin da subito gli Slayer nel thrash abbiano alzato la posta cercando di essere i “più” di tutto e di tutti, i più veloci, i più cattivi, i più heavy, i più paurosi. Gli altri volevano solo scrivere buone canzoni, gli Slayer volevano portare tutto all’estremo. E l’hanno fatto.

Gli Slayer sono additati, da chi non li conosce, a gruppo rumoroso e brutale, concettualmente inconsistente, ben lontano dalla musica “impegnata”. In merito al messaggio sociale degli Slayer, il tuo libro è illuminante. Vuoi dirci di più?

Stiamo pur sempre parlando di heavy-metal, che non è una musica nata per essere impegnata. Certa lo è e non c’è nulla di male a portare un po’ di comunque di quel che sembra. Voglio dire che la gente, nel giudicarli, si basa sostanza in un contesto “brutale e rumoroso”, ma gli Slayer sono meno grezzi troppo sulla loro immagine, sulla presentazione e sul suono che incute timore e non si sofferma abbastanza sul fatto che in molti casi puntano il dito su aspetti reali della nostra vita, per molti dei quali i benpensanti preferiscono girare la testa dall’altra parte o nascondere la testa nella sabbia. Alcuni argomenti scottanti affrontati dalla band come il terrorismo, gli effetti post traumatici della guerra sui soldati, i crimini di guerra nazisti, l’oscurantismo e le menzogne della religione, i pericoli delle malattie, sono tutti temi trattati con competenza e lucida crudeltà. Se li avesse scritti una band più impegnata, sicuramente sarebbero stati presi più sul serio. Ma siccome sono stati scritti da una band heavy metal “satanista e provocatoria” sono stati troppo spesso sottovalutati. Diciamo che il mio libro vuole riportare le cose nella giusta prospettiva. Tutti ad osannare One dei Metallica perché parla degli orrori della guerra, ma Eyes of the Insane degli Slayer è molto più interessante e tremenda da questo punto di vista. Non sempre la musica impegnata socialmente poi è buona musica. I RATM mi piacciono perché anche la musica è forte ed interessante, così come i primi Clash. Però la maggior parte di Bob Dylan è noioso così come è noioso Billy Bragg. Per me ha più senso parlare di musica impegnata in riferimento a band che affrontano argomenti interessanti nei loro testi come i Rush, i Queensrÿche, i Black Sabbath o i Blue Öyster Cult.

Il gruppo è stato attaccato, negli anni, da miriadi di benpensanti, i quali hanno denunciato, nei testi, riferimenti diretti al satanismo, nazionalsocialismo, razzismo, al sessismo, e chi più ne ha più ne metta. Da cosa è nato questo fraintendimento?

È nato dal fatto che la gente guarda solo in superficie e nota spesso solo ciò che vuole vedere. Dire che sugli Slayer ci sono dei preconcetti è il minimo che si possa riscontrare. La gente giudica il libro dalla copertina e questo indirizza il loro giudizio ancora prima di avere ascoltato una sola nota o letto un solo testo. Oltretutto gli Slayer hanno sempre fatto di tutto per provocare, per mettere il dubbio che stessero facendo sul serio. Prendiamo la questione del nazismo che forse è la più discussa. Jeff Hanneman non era nazista, ma era appassionato alla storia della seconda guerra mondiale e collezionava cimeli della stessa grazie anche al padre ed al fratello maggiore che erano stati dei soldati (il padre ha combattuto CONTRO i nazisti). Però i nostri chiamano il fan club Slaytanic Wehrmacht, usano i drappi bianchi, rossi e neri che usavano i nazisti (ma senza la svastica), insomma provocano, ma lo fanno con lo spirito punk con cui la faceva Sid Vicious. Anche lui esibiva simboli nazisti, così come Jimmy Page o Lemmy, ma nessuno si è mai sognato di dire che fossero nazisti. Era solo una provocazione, magari di cattivo gusto per qualcuno, ma alla fine è tutto spettacolo e non bisogna prendere tutte le cose alla lettera.

Uno dei punti “critici” degli Slayer, come si evince anche dal tuo testo, è il rapporto con la religione. Pare che Tom Araya sia un cattolico, e Kerry King il capostipite dell’ateismo più sconsacrante. La frattura tra le parole dei testi, e la natura spirituale del cantante, a mio parere è uno dei fattori che rendono questo gruppo “deliziosamente borderline”. Tu cosa ne pensi, di questo rapporto dicotomico, tra sacro e profano, in Tom Araya?

Domanda molto interessante ed è un quesito che mi sono posto anch’io e che ho posto a mia volta a Tom Araya. La sua risposta è stata molto semplice. Quando lui è sul palco è un performer, interpreta un ruolo, ed io ci credo perché nella vita Tom Araya è una persona allegra ed un classico sudamericano molto sorridente e rilassato. Ma quando è sul palco si trasforma, così come può fare Alice Cooper o Rob Zombie. Se tu vedi un film dove un attore interpreta il ruolo di un assassino non pensi che sia un vero assassino che ammazza la gente. La sua bravura è nel fartelo credere, nel rendere credibile e veritiera la sua interpretazione. E Tom Araya è molto bravo nella sua parte, ma i testi anti-cristiani li scrive Kerry King che invece è ateo convinto.

È molto interessante la tua posizione sulla musica degli Slayer, a cavallo tra l’armonia e il caos del black/death-metal. Idealmente, hanno preso l’eredità dei Venom. Da esperto “globale” di musica rock/metal, a tuo parere, a chi passerà il testimone dalla mano di Araya, King e soci?

Come dicevo prima gli Slayer hanno spinto tutto al massimo, all’estremo, difficile fare un passo oltre loro. Oltre loro c’è solo il caos ed il rumore (che sono apprezzabili anch’essi se ben fatti). Penso che nel senso di musica heavy metal strutturata in modo tradizionale con strofe e ritornelli sia impossibile trovare dei loro eredi. Quelli che ci si sono avvicinati di più sono stati, secondo me, i Morbid Angel e gli Emperor. Se poi vogliamo parlare di soglia del rumore, allora dobbiamo citare i primi Napalm Death ed i Sunn O))).

Stefano, tu hai avuto il merito e la fortuna di aver conosciuto personalmente tutti i membri del gruppo, in diversi incontri. Puoi raccontarci qualche aneddoto inedito, riguardante le loro personalità?

Di tutti loro quelli che ho avuto la possibilità di incontrare più spesso e conoscere meglio (per quanto si possa conoscere una persona durante un’intervista) sono Dave Lombardo e Kerry King. Dave Lombardo è una persona molto aperta, uno che ha uno sguardo sulla musica molto più ampio dell’heavy-metal. Lui ascolta di tutto, dalla musica classica all’hip hop ai ritmi brasiliani. È una persona molto intelligente e con cui vale la pena passare del tempo. Kerry King invece è la quintessenza del metallaro. Sempre con la faccia cattiva, sempre molto convinto del suo ruolo, anche fuori dal palco. Mi sembra ossessionato dal fatto di fare vedere che è un duro. Ti racconto un paio di aneddoti. Durante un’intervista verso fine degli anni ’90 eravamo nel backstage del Palatrussardi a Milano e lui si era portato delle cassette di wrestilng da casa che guardava sul videoregistratore e mimava le mosse e si muoveva come un pazzo perché a lui piace tutto ciò che è violento e brutale, oserei dire tamarramente violento e brutale, ahah. Un’altra volta vide una mosca per terra, la prese e mi disse: “Vedi, io potrei schiacciare questa piccola mosca, ma non lo faccio, perché anche lei potrebbe essere una fan degli Slayer.” A suo modo Kerry King è un personaggio, anzi è IL personaggio degli Slayer, non riesci mai a capire quanto ci è e quanto ci fa.

Nel 2013 è scomparso Jeff Hanneman, lasciando un grande vuoto in tutti i fan della band, nonché in quello di tutti gli amanti del metal. Qual è il tuo ricordo di Jeff?

Jeef per me era un genio e come tutte le persone un po’ originali preferiva stare per conto suo. In realtà era la persona più normale della terra, un ragazzo innamorato del rock, del punk e del metal. Gli piaceva soprattutto la musica scura e veloce. Ma era anche uno che si è sposato la compagna di classe del liceo. Insomma, una persona veramente piacevole, gentile ed educata. E poi gli piaceva bere, questo sì, e sono contento di poter dire che un po’ di birrette con lui me lo sono fatte anch’io.”

Da massimo conoscitore dei Black Sabbath, hai fatto notare come si senta la grande influenza del quartetto di Birmingham, nella struttura musicale degli Slayer. Nelle tue chiacchierate con Ozzy, hai avuto modo di avere un suo parere sulla band di Los Angeles?

Ma stai scherzando, Ozzy non sa neanche come si chiama sua sorella. Ozzy si ricorda solo delle band dei suoi tempi, degli anni ’70, No, non ho mai avuto modo di parlare degli Slayer con Ozzy.

Tra tutti i brani degli Slayer, ce ne è uno che senti più tuo, di qualsiasi altro?

Il mio brano preferito è Raining Blood perché lì c’è tutto: il sangue, la fine del mondo, un ritmo disumano, riff arrembanti ed impazziti. Quando pensi che non possa più aumentare va ancora più veloce. Vederla suonare in concerto mi dà una carica pazzesca, è come una dinamo che carica ogni ascoltatore di una potenza inimmaginabile. Per me è la canzone heavy-metal definitiva. E pensare che tutto nasce da un colpo di batteria, tanto semplice quanto immortale, la grandezza sta nelle cose semplici.

L’ingresso degli Slayer nel panorama musicale nostrano è stato lento, graduale, covato nell’underground. Poi c’è stata l’esplosione. Cosa rappresentano gli Slayer, oggi, in Italia?

Gli Slayer rappresentano sempre una sicurezza. I fan degli Slayer sanno sempre quello che troveranno perché la band non si è mai venduta al mercato, non ha mai tradito i suoi ideali di velocità, potenza e cattiveria con cui è nata. I fan trovano coerenza, tanta passione e la certezza che non faranno mai una ballata. Il metal finirà il giorno che gli Slayer faranno una ballata.

Tu sei la penna d’oro del rock/metal, in Italia. Che consiglio daresti a chi volesse decidere di intraprendere la tua strada?

Prima di tutto di farlo per passione e poi di farlo con curiosità e mente aperta. E poi sforzarsi di scrivere e leggere molto. Anche in tempi di internet e di testi smozzicati su SMS o Twitter, si impara molto leggendo; si impara come si muovono gli altri, come pensano, come si può strutturare un discorso o condurre un’intervista. Bisogna sempre usare l’immaginazione, aprire un mondo ai lettori perché devi essere capace di fare immaginare ad un lettore quello che tu hai in testa e non è facile.

Adrian Nadir Petrachi

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Blogger professionista e da sempre appassionato esperto di telecomunicazioni, serie tv e soap opera. Giuseppe Ino è redattore freelance per diversi siti web verticali. Ha fondato teleblog.it, tivoo.it, mondotelefono.it, maglifestyle.it Ha collaborato tra gli altri anche con UpGo.news nella creazione di post e analisi. Collabora con la web radio Radiostonata.com nel programma quotidiano #AscoltiTv in diretta da lunedi a venerdi dalle 10 alle 11.

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