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“Volevo un disco accessibile nella forma della parola ma comunque criptico ed ermetico nella sua fruizione. Avvicinarmi al pop ma allontanarmene barricandomi nella torre sicura della sperimentazione e della ‘nicchia’. Organizzazione del caos emotivo”. È Paolo Saporiti in persona, sul suo sito internet, a spiegare le ragioni che si nascondono dietro il suo ultimo, non a caso omonimo, disco (qui un assaggio). Già, non a caso: “Dopo l’uscita de ‘L’ultimo ricatto‘ ho sentito forte l’esigenza di potermi esprimere nella lingua natia per poter raggiungere meglio e più facilmente quel pubblico immaginario che nelle giornate di sole viene a riempire e occupare le mie stanze d’ascolto, qui in casa”. Il passaggio inglese-italiano avviene al quinto disco, datato 2014. Jeff Buckley è il termine di paragone citato in alcune recensioni. Queste invece sono le canzoni che trovereste in un suo (fantomoatico) disco di cover. Buon ascolto!
Jeff Buckley – Hallelujah (da “Grace”, 1994)
Nella versione di Jeff Buckley (brano di Leonard Cohen) che tutti ormai conoscono grazie soprattutto a questa versione perfetta del figlio di Tim che mi ha insegnato di cosa si sta parlando quando si parla di Grazia.
David Crosby – Guinnevere (da “Crosby, Stills & Nash”, 1969)
Brano tra i miei preferiti di sempre. Cosa vuol dire armonizzare, cantare, immaginare, sognare ed essere la libertà. Una lezione di cantautorato, umanità e chitarrismo acustico.
Bruce Springsteen – Mansion on the Hill (da “Nebraska”, 1982)
Il Bruce Springsteen di “Nebraska” per me è insuperabile in quanto a urgenza e capacità di abitare il mondo del ricordo e renderlo concreto, film. Alcuni eventi di questo disco sono incredibili e questo è il primo nell’ordine per la mia vita. Mi spalanca il mondo del padre come pochi altri al mondo.
Nick Drake – Fly (da “Bryter Layter”, 1970)
Stellare. Chitarra e voce da brivido. L’uomo che assieme a tutti questi altri che cito in questa lista ha saputo cambiare e indirizzare la mia vita in modo indelebile. Un giorno andai con mio zio sul Lago di Garda per imparare a fare wind surf e nell’arrivare alla palude abbiamo ascoltato una cassetta, una compilation di Drake selezionato da lui (mio zio). Dopo dieci minuti di prove sulla tavola sono tornato in macchina e ho passato le ore successive a far girare la cassetta nel mangianastri, inebriato e inebetito da tanta bellezza e magia. Quel giorno ho imparato a suonare e cantare e da lì non mi sono più mosso e ripreso. Una folgore.
Neil Young – Cortez the Killer (da “Zuma”, 1975)
“Zuma”, uno dei dischi da non dimenticare. Maestro di verità e trasformismo nel rispetto di quello che si sente, sempre.
Nirvana – Heart-Shaped Box (da “In Utero”, 1993)
Unico brano che pesco dagli anni novanta in questa scaletta (in realtà pensavo anche a Hurt dei NIN ma per problemi di numero rinuncio citandone soprattutto la versione inarrivabile di Johnny Cash). Il grunge l’ho scoperto in ritardo rispetto al tempo in cui si è manifestato. Mi è servito per lavorare sulla rabbia. Kurt Cobain, l’autodistruzione, amore e odio.
Van Morrison – Sweet Thing (da “Astral Weeks”, 1968)
Van Morrison d’annata. Romanticismo distaccato e freddo come solo lui sapeva fare, unico al mondo. “Astral weeks”, il titolo del disco da cui è tratto, la dice tutta.
Quicksilver Messenger Service – Who Do You Love? (da “Happy Trails”, 1969)
“Happy Trails”, un capolavoro. Amo da sempre loro e i Grateful Dead.
Joni Mitchell – A Case of You (da “Blue”, 1971)
Emozione pura e cristallina come solo la Joni Mitchell di “Blue” ha saputo essere e dare al mondo in formato canzone. Brividi e lacrime da sempre, anche nella versione contemporanea ed elettronica di James Blake.
David Crosby – Triad (da 4 Way Street, 1971)
Ancora David Crosby nella versione presente su “4 Way Street”. Che cosa vuol dire suonare assieme chitarra acustica e voce. Un’altra lezione da condividere.
John Martyn – Spencer the Rover (da “Sunday’s Child”, 1973)
L’arte di coverizzare un traditional a modo proprio.
a cura di Christian Gargiulo
11 cover per… funziona così: un(a) musicista sceglie le undici, altrui canzoni che inserirebbe in un suo personale album di cover e per ogni scelta fatta ci spiega il motivo. Senza alcun tipo di limite: né di genere né di nazionalità né di periodo storico.
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