Song of Horror è un’avventura episodica horror prodotta dallo studio spagnolo Protocol Games: si tratta di una prima opera per i ragazzi del team, fortemente ispirata dai più grandi autori del terrore come H.P. Lovecraft e Edgar Allan Poe.
Il modello di distribuzione cavalca l’onda della somministrazione per episodi, una metodologia resa standard di produzione da titoli come Life is Strange o Hitman (IO Interactive).
Su console il gioco è stato rilasciato in un’unica soluzione, mentre su PC ha seguito il ritmo di rilascio di episodi che da un lato ha fatto storcere il naso per il lungo lasso di tempo tra una puntata e l’altra, dall’alto ha rappresentato un escamotage narrativo che ha permesso di concludere ogni singolo episodio con un cliffhanger, andando così a rinforzare la tesi dell’orrore e la tematica dell’investigazione, del mistero.
Gli eventi che guidano l’intera storia di Song of Horror rientrano nei classici thriller psicologici del genere. Il personaggio con cui avremo a che fare sin dalle prime battute è Daniel Noyer, un uomo dal passato travagliato e costellato da problemi di alcolismo. La stessa dipendenza lo porta a separarri dalla moglie, e da lì troverà lavoro come curatore editoriale per una nota casa editrice di romanzi.
Proprio attorno alla casa editrice si muovono i primi passi di quello che sarà un complesso caso di sparizioni. Sebastian Husher, celebre scrittore che collabora con la casa editrice di Noyer, è improvvisamente scomparso senza lasciare alcuna traccia dietro di sé. Daniel verrà mandato presso la dimora dello scrittore per far chiarezza sulla sua scomparsa.
L’espediente narrativo è un escamotage per immergere il giocatore all’interno di un’atmosfera fortemente ispirata ad Alone in the Dark di cui sembra, effettivamente, una buona emulazione. La casa di Husher è immersa nell’oscurità più totale e l’assenza di luce scandisce il ritmo di una narrazione che diventa poco a poco sempre più cupa, macabra e sospesa su un sottilissimo filo pronto a spezzarsi in qualsiasi momento.
Il nemico è dei più tembili, caratterizzato da un’AI così avanzata da riuscire a reagire alle nostre azioni e al nostro stile di gioco: La Presenza, questo il suo nome, ci darà del filo da torcere nel vario districarsi di vicende e personaggi (per un totale di quattro giocabili).
Chiunque faccia ingresso nella dimora di Husher sembra non essere più in grado di tornare, compreso lo stesso Daniel… sta al giocatore scoprire il vero motivo di queste sparizioni e cercare di comprendere la natura delle oscure forze che permeano quelle stesse mura.
Il gameplay di Song of Horror ricalca perfettamente la classica avventura horror (con elementi da thriller psicologico) con puzzle ed enigmi da risolvere, configurandosi come uno dei giochi rompicapo meglio riusciti degli utlimi anni.
La visuale è in terza persona con una camera fissa che si sposta in base ai nostri movimenti, ricalcando un po’ l’onda della visuale alla Resident Evil (i primi), e permettendo così diverse scelte stilistiche e di regia. L’improvviso movimento della camera può difatti nascondere numerosi elementi horror, generando il classico effetto jumpscare (qui ben riuscito e mai ridondante) che rende il ritmo di narrazione sempre coeso e lineare, ben movimentato ma non eccessivamente ansiogeno da causare abitudine.
I rompicapo presenti nel titolo sono indubbiamente il perno del gioco, sicuramente ben bilanciati e con un livello di sfida davvero apprezzabile. Analizzare gli oggetti sarà essenziale per poterne venire a capo, spesso dovendoli combinare con altri presenti nel nostro inventario per riuscire ad avanzare. Le varie sequenze di gameplay saranno accompagnate dalla Presenza, che tenterà in ogni modo di dissuaderci dal continuare le nostre ricerche.
Sul versante azione il titolo non presenta un vero e proprio sistema di combattimento, ma piuttosto delle meccaniche da poter utilizzare per avere salva la vita. Quando La Presenza deciderà di attaccarci potremmo infatti nasconderci o vincere una prova di forza, per esempio spingendola il più possibile dietro una porta. Le prove di forza vengono presentate come dei minigiochi in cui premere i giusti pulsanti (con il giusto ritmo) è l’unico modo di potersi salvare.
La natura grafica del gioco non è sicuramente di grande spessore. Song of Horror è uno di quei titoli che punta tutto sull’atmosfera, sulle sensazioni da trasmettere al giocatore durante la partita: porte che sbattono, rumori sinistri, urla improvvise, sussurri. Giocare il titolo con un paio di cuffie, sfruttando i suoni binaurali, è difatti la scelta più saggia per assaggiare parte di un terrore che non si manifesta esattamente nel migliore dei modi, o almeno non sempre.
L’ambiente è ben curato, con numerosi oggetti da esaminare che nel quadro complessivo rimanderanno al giocatore precise sensazioni. L’illuminazione è ben bilanciata, con parti al buio che rendono graduale l’esplorazione così come graduale sarà l’ansia generata nel giocatore al lento approcciarsi della Presenza.
Volendo assumere un atteggiamento critico, il titolo non genera spesso ansia e terrore, qualche volta facendo anche fin troppo fatica. Sarebbe più corretto inserire il titolo nel panorama delle avventure grafiche a sfondo psicologico, con elementi thriller e horror ben marcati ma non per questo protagonisti. L’esplorazione, gli enigmi, il filo conduttore della storia: ecco i capisaldi del titolo, piuttosto che i classici jumpscare di cui vengono farciti i titoli horror presenti sul mercato. Una scelta che può essere gradita o no, in base ai gusti dei singoli utenti.
Dal punto di vista della realizzazione tecnica, Song of Horror non brilla certo per innovazione estetica: i modelli di personaggi in 3D sono piuttosto blandi. Alcuni sono più curati d’altri, indicando una preferenza che di certo non ha giovato all’intero titolo. Le animazioni sono, invece, sempre scadenti e piuttosto macchinose. L’ambiente sembra molto più curato dei personaggi, una scelta da parte degli sviluppatori un po’ troppo azzardata, ma comunque comprensibile.
Gli ambienti sono perfettamente curati, ricchi di particolari e di oggetti su cui intervenire, il tutto coronato da un’illuminazione molto convincente che aiuta a rimandare ad una sensazione sempre più nitida, quella dell’attesa, quella della risoluzione dell’enigma.
La colonna sonora è molto curata, così come i dialoghi doppiati magistralmente. La longevità del titolo non supera le tre o quattro ore ad episodio, in generale configurandosi come un titolo breve ma intenso, esattamente come dovrebbe presentarsi un horror per non risultare ridondante o noioso.
Sonf of Horror è un titolo che ci sentiamo di consigliare caldamente agli appassionati di thriller psicologici, investigativi e soprattutto a chi adora atmosfere horror costellate da oscure e paranormali presenze. Il livello di sfida lo rende un titolo accattivante, godibile e perfettamente equilibrato. Adatto anche ai neofiti.
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