“Il giorno è solo luce in eccesso, la notte è una splendida morte esaltante”
Così dice una frase di Isabella Santacroce, ed è la giusta concezione che bisogna adottare per immedesimarsi a pieno nell’ascolto di questo disco. Il giorno è solo un effetto dovuto alla vicinanza di una stella, nell’universo regna la notte.
Ogni band ha una sua evoluzione, tutte giungono ad un apice della loro carriera. Quella dei Katatonia forse è più unica che rara, partendo dal doom del primo album, le calme e pacate melodie di “Last Fair Deal Gone Down”, la grigia malinconia di “Viva Emptiness” e gli oscuri angoli di “The Great Cold Distance”.
Ora, a distanza di tre anni dall’ultima opera, comincia un nuovo giorno: questo nuovo giorno è la notte. Un disco non facilmente assimilabile all’inizio, specie se ascoltato superficialmente.
Come il titolo già ci lascia immaginare, questo è un album notturno al 100%. I riff “nu-metal” presenti anche in “The Great Cold Distance” non mancano. Le sonorità ambient nemmeno, che siano cupe ed opprimenti, oppure dolci, delicate. Forsaker rappresenta un po’ la sintesi del disco, nel quale sono presenti un po’ tutte le caratteristiche del disco. Forse ultimamente i Katatonia hanno frequentato un po’ troppo gli Opeth, dato che si sente una sorta di contaminazione da parte loro, principalmente nelle linee vocali, ed in pezzi come Idle blood che sembrano scritti dagli Opeth stessi, in particolare per la presenza in alcuni pezzi di chitarre spesso “acquose” oppure di tastiere com’erano presenti in album come “Damnation”.
Tastiere che sono sicuramente molto più presenti in questo album rispetto ai passati, ed è davvero un lavoro ben riuscito, dato che si contornano alla perfezione con il loro stile, dando quel tocco in più, specie verso la conclusione delle canzoni. Sull’album sono presenti una buona parte di pezzi che vengono direttamente dal loro stampo degli ultimi anni. Qualche brano magari prevale di più, specialmente verso la fine del disco, come la claustrofobica Nephilim, la magnifica ed oscura Day And Then The Shade e la ballad conclusiva Departer.
Con una band come i Katatonia non bisogna mai fossilizzarsi sui singoli album, dato che ormai ci hanno fornito la prova che loro non partoriscono mai “gemelli”.
Oliver Tobyn per Mag-Music
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