Chiudo gli occhi e mi sembra di percorrere la mitica Ruote 66 a bordo di una Mustang in pieni anni ’70.
Li riapro e torno con i piedi per terra. Altro che Route 66 e Mustang. Al massimo stiamo percorrendo il Grande Raccordo Anulare con un’utilitaria, nel 2010.
“Vagina Mother”, quinto album dei toscani Strange Flowers (Michele Marinò – Voce e Chitarra, Nicola Cionini – Chitarra, Alessandro Santoni – Voce e Basso, Giuseppe Pozzolini – Batteria) si apre, infatti, con atmosfere seventies.
Il trittico Intro (a welcoming mandala), Blue mothers e Powder tears rappresentano un ottimo biglietto da visita.
Ma l’effetto vintage dura poco. Con il susseguirsi delle tracce il piacevole rock di estrazione prettamente classica si lascia contaminare da suoni per così dire più moderni che donano al disco una venatura a tratti pop (il singolo A rose in your mouth), a tratti elettronica (la cover di Hollywood di Madonna, brano di cui, ad essere sinceri, non si sentiva il bisogno).
Disco dal titolo irriverente, registrato a Roma con la supervisione artistica di Federico Guglielmi, “Vagina Mother” ha il problema che, dopo quarantanove minuti di ascolto si rivela una raccolta di buone canzoni ma nessuna delle quali dotata di quel qualcosa in più che possa permetterle di emergere.
E di certo non aiuta la voce di Marinò con una pronuncia dell’inglese deficitaria.
Tanto da far porre il dubbio sul perché non canti in italiano. Dubbio subito risolto dalla tredicesima traccia, Polvere versione italiana della già citata Powder Tears.
Testo discutibile per metrica e parole, con un cantato che risulta anonimo.
Un peccato perché, messa come penultima canzone fa rimanere con l’amaro in bocca per un disco che tutto sommato arriva alla piena sufficienza.
Senza infamia e senza lode.
Giovanni Caiazzo per Mag-Music
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