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Fabrizio De Andrè classificava gli uomini in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a farlo. Simona Gretchen appartiene, senza dubbio, alla prima categoria.
La giovane cantautrice indie esordisce, in grande stile, con l’album “Gretchen pensa troppo forte” (dopo la precedente “militanza” come bassista nei Karmika) prodotto artisticamente da Lorenzo Montanà (Tying Tiffany).
La Gretchen (personaggio femminile del “Faust” di Goethe e alter ego di Simona) dimostra una sferzante abilità cantautoriale attraverso disincantate introspezioni a tratti noise (Alpha Ouverture) che indagano un flusso di coscienza “folkloristica” (Le mie fate, Cera, Due apprendisti).
Riverberi austeri che si compiacciono di una poeticità viscerale come in O nostre pelli e Vuota (con Nicola Manzan/Bologna Violenta alla viola) e per i quali la Gretchen è spesso accomunata a Vasco Brondi nonostante un sé narrativo che continua a porla di fronte ad uno specchio, chiedendo alla propria proiezione: “Che cosa voleva questa donna che aveva gli occhi sempre accesi di una fiamma indecifrabile?“.
Miria Colasante
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