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Ogni qual volta si è reduci dall’apprensione della notizia riguardante una nuova uscita dei Diaframma, e quindi il ritorno di Federico Fiumani, musicista con i suoi cinquant’anni e passa portati mantenendo una propria personalità, malgrado qualche falla compiuta nel corso del tempo, la sensazione predominante è sempre la stessa: la curiosità, quella che spinge una persona che da sempre segue il nostro a vedere e sentire di suo quello che ha da proporre, che cosa ha partorito ancora una volta la mente di un uomo dalla voglia di vita sempre straripante, playboy e gentleman allo stesso tempo, a volte schivo, a volte pure troppo duro con il prossimo e con se stesso, sia faccia a faccia che da un palco, nel bel mezzo di un concerto, ma, nonostante tutto, troppo convincente per non essere apprezzabile nella sua interiorità. A ciò conseguono la felicità e la soddisfazione.
Nell’ottica di un 2012 dalle porte spalancate, “Niente di serio” conferma questa teoria, ritornando, al momento del rilascio, sulle orme tracciate da quel “Difficile da trovare” che aveva rialzato il tiro nella discografia di Fiumani, riportandolo ad alti livelli, e allo stesso vedendosela con il ritorno dei Litfiba, essendo entrambi accomunati da una Firenze dove hanno fatto più di un salto, magari anche concedendosi un salto ad “Amsterdam” (ci sarebbe da dire qualcosa, tanto per rimanere a collegamenti annuali, anche a proposito del rientro sulle scene dell’amico Miro Sassolini, ma è un argomento che meriterebbe un capitolo a parte).
“Adolescenza precoce: bruciare le tappe. Ecco quel che non ho fatto“.
Ma uno scontro simile non avrebbe bisogno di alcuna risposta, perché vedrebbe un’immediata vittoria da parte della band in analisi. “Niente di serio”, lo dice il titolo stesso, tra quelle improvvise dissonanze recuperate proprio in quel dell’omonima canzone: nessuna pretesa di essere presi alla lettera, ma solo una creatività che ancora batte nel cuore di Federico, e che ha ceduto a poche lusinghe nel corso dei decenni che sono trascorsi. Dissonanze che non solo si fanno sentire anche tra le “Anime morte” che ancora assalgono i suoi ricordi, ma mettono in evidenza l’”energia del rock” a lui molto cara, e capace di tramutarsi in blues quando c’è da affrontare il contrasto tra pessimismo e ottimismo (Nilsson), oltre che di trovare il coraggio per far uscire allo scoperto le proprie difficoltà, portando a un addolcimento generale (Carta carbone) della situazione.
“È solo una ragazza che fugge da me e dalle mie lunghe braccia“.
Addolcimento. Amore. Donne. Quando si ha una passione, non si può non conseguirla. E la “Madre superiora” che si fa avanti potrebbe essere un nuovo atto di quelle avventure amorose partite con La mia vita con una dea prima e Fiore non sentirti sola dopo. Avventure che non sono fatte di tradimenti, ma
di comunicazione e comprensione, mentre tutt’attorno, non certo solo nella “città vuota di rabbia e di tormento” (Absurdo Metalvox) c’è il vociare “di Rocco Siffredi come l’idolo delle nuove femministe” (Tempesta nel mio cuore). Un vociare più costruttivo di certe chiacchiere che si sentono in giro. Suona strano? Bastano le sue parole: “Vivo così“. E senza alcun problema.
“Ma credi davvero a tutte le puttanate che dico? A questo mistero che ci chiude l’anima ed anche la mente? Ma meno male, in fondo, che un altro giorno arriva… “.
Sulle note di quest’album non c’è ombra di alcuna lusinga. Federico Fiumani non ha bisogno di “niente di Serio”, perché è lui stesso uno serio e contemporaneamente faceto. Non pretende di fare al di sopra delle proprie possibilità, e quando ci riesce il bersaglio lo centra. Come in questo caso, contribuendo all’immutabilità del fascino dei Diaframma.
“Volevo cambiare, ma sono ancora qua“.
Già, ancora qua. E la differenza tra Fiumani e Vasco Rossi è ben evidente. Quelle che il primo dice non sono semplici “puttanate”, anzi, sono una delle tante vie per aspettare l’arrivo di un altro giorno. Non necessariamente con estrema serietà, ma concedendo uno spazio al sorriso.
Gustavo Tagliaferri per Mag-Music
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