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Un anno dopo “La mano sinistra” dei Chambers, pochi mesi dopo “Pneumologic“, la sventola datami dagli Ornaments (band legata geneticamente agli ormai noti The Death of Anna Karina, ma non chiedetemi come che mi scoppia la testa) e credo due dopo “Lacrima/Pantera“, il ritorno in pista in occasione del celebrato Record Store Day è segnato dalla pubblicazione di uno split in vinile che è quanto di più godurioso abbia visto di recente. E sì perché tu vai in negozio, chiedi quali sono state le pubblicazione speciali di quel sabato dedicato al disco e scopri che non c’è roba per te. Torni a casa e, tempo due minuti, ti recapitano il vinile dello split. Un giorno speciale, comunque celebrato, insomma.
In poche parole. I Chambers (in maggioranza ex Violent Breakfast, non dimentichiamolo) proseguono sulla strada del disco precedente accentuando ancora di più, se possibile, la dotazione alternativein luogo di quella più genuinamente e radicalmente screamo che ancora riempiva qua e là “La mano sinistra” (che poi, anche lì, volendo…). Viaggiano su tre tracce lunghette e intense, costantemente pervase da chitarre in delay, vocioni paranoici (l’approdo al cantato tradizionale è ormai definitivo) e, come sempre, testi da capogiro. Ancora una volta indagare la meccanica delle cose è meglio che chiedersi il perchè e da qui deriviamo la loro tendenza all’intrigo lessicale. Arrampicarsi sulle volte della lingua non è mai stato tanto un interrogarsi sulle proprie falle esistenziali, ma se questo rende meglio tra risate amare e ghigni indulgenti, vuol dire che la trentina l’abbiamo superata da un pezzo. È anche per questo che la maturità del tutto scalza un po’ certi strascichi tradizionalmente screamo, per così dire. Ospitata divertentissima di Johnny Mox su Le facce uguali di due medaglie diverse, e questo la dice lunga su come certe nuove geometrie hardcore si stiano facendo spazio disco dopo disco. Non so, è come se la band stesse per mollare qualcosa di veramente grosso ora, nell’immediato, e al tempo spesso con la prospettiva di un nuovo disco che segni un certo distacco da “La mano sinistra”.
Per i TDOAK, che qui ci presentano il loro nuovo cantante Andrea, siamo su un terreno un minimo più sondato, a considerare il disco precedente. È forse proprio per questo che il risultato della loro prestazione mi pare restituisca una band in fondo già matura. Un discorso un po’ diverso da quello fatto per i Chambers se è vero che certe soluzioni sonore della band vicine al collasso hardcore (E poi niente, piccola intrusione quasi convergiana) convivono tranquillamente con la nuova forma musicale strutturata attorno ad un noise intrigante ed elaborato (la splendida Labile), dove la forza della parola assume un ruolo sempre più centrale. Le due band convergono proprio sulla scelta dell’italiano come lingua che tiene assieme un groviglio di pensieri, parole e ansie esistenziali. Il tutto però con la consapevolezza che una smorfia di dolore o di divertito cinismo può essere il risolutorio ribaltamento di un intero sfondo. E così all’infinito, come se l’eco dei Laghetto non si sia mai stata smorzata.
Co-producono Blinde Proteus, Shove e To Lose La Track, complimenti anche a loro.
Una piacevolissima sorpresa.
Nunzio Lamonaca
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