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Anticipato dal singolo Twins, uscito il 28 agosto, i T!S!T!T! sfornano via To Lose la Track il nuovo capitolo ufficiale della loro storia: “Forever Young“. Titolo paradossale per un lavoro che li vede cresciuti, più maturi rispetto al rabbioso e spensierato passato, nonostante il loro grido di “eterna giovinezza”. Una maturità compiuta, che ha consentito al trio Umbro di registrare senza paura, in presa diretta, le dieci tracce racchiuse tra i colorati fiori della splendida copertina di Tommaso Renzini (Dummo, Verme).
Rispetto alle precedenti prove, più marcatamente punk nella forma, i T!S!T!T! esaltano la vena più indie che è in loro, creando muri sonori distorti, riconducibili allo stile shoegaze, rafforzati dal possente drumming di Nicola Vedovati. Il riverbero abusato fa rima con i Sonic Youth, unico punto di appiglio col precedente “Whispers“, ed è il preciso segnale dell’influenza statunitense che si è impossessata di loro in questi ultimi anni, grazie ai numerosi show tenuti in terra americana. Il trittico iniziale è devastante: Forever Young col suo cantato sbilenco ricalca le impronte lasciate dalla chitarra sferzante, che prende il sopravvento incontrastata nel finale incandescente; Golden Age, a parere mio il miglior brano del disco, cresce minuto dopo minuto senza stancare, carica di cori e piatti aperti, che s’infilano sempre più in fondo, senza ferire, dentro i padiglioni auricolari; Twins sembra venir fuori da una demo dei the Joy Formidable più ruvidi. Il disco rispecchia perfettamente l’attitudine live del gruppo, l’uso soffuso e sottostante della voce è frastornante, affascinante, ma la caratteristica principale dell’album è la sensazione contrastante di felicità e tranquillità espressa con rabbia e cattiveria, la stessa con cui maltrattano gli strumenti.
Tutto il disco si mantiene su questa linea obliqua fatta di noise, furore sonico e personalità da vendere. L’impressione complessiva è che queste tracce si possano mantenere “young” per molto, molto tempo, se non “forever”. In The Smell, l’ultima traccia, ipnotica e un po’ tribale, sembra aleggiare, danzante, una presenza maligna in cerca di redenzione, che ha voglia di divertirsi, ed è un po’ la storia dell’album: mettervi paura, avvolgendovi con una tempesta di suoni in riverbero, e poi invitarvi a ballare.
Damiano Candedda
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