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CD/LP – Qui Base Luna, 10 t.
L’attesa, nel momento in cui fa il giro la notizia dell’uscita di un nuovo album di Cristina Donà, è chiaro ed anche lecito che sia mossa dall’impazienza, dalla curiosità, dal fermento e soprattutto dalla constatazione del fatto che, in termini di songwriting, si stia facendo riferimento ad un’artista in più occasioni rivelatasi di alto livello e dotata di una personalità sempre distinguibile, anche nell’ambiente mainstream. Se Torno a casa a piedi lasciava intravedere dei felici segnali di una concezione differente di pop, Così vicini, secondo capitolo di un’avventura condivisa di pari passo con il compositore Saverio Lanza, segna un ancora più marcato cambio di carte in tavola. Un disco difficile? Forse. Un ritorno alla sperimentazione? Possibile, visti gli evidenti richiami a quanto già effettuato con quello che è tutt’ora il suo apice, Nido, favoriti dalla presenza, dietro le pelli, di colui che allora diede il proprio contributo, tale Cristiano Calcagnile. Ma le dieci tracce risultanti lasciano campo libero ad una Donà che, senza pretendere di risultare eccelsa a tutti i costi, non sacrifica il suo tocco, basato su un dato che dovrebbe essere fondamentale tanto per certa musica d’autore quanto per il pop visto soprattutto alle sue radici: la bellezza della semplicità. Anzi, si fa portatrice di un contrasto tra influenze dove ad una title track devota al Battisti de Il mio canto libero ed in particolar modo a La luce dell’est si sussegue il corale visibilio beatlesiano di L’infinito nella testa, agli impulsi un po’ blues un po’ bambineschi de Il tuo nome si contrappone il fascino del coacervo di percussioni, oggetti ed attrezzi che fa da background alla lieve Perpendicolare e dei timori, delle remore che permeano dai ritmi tubolari ed umorali di La fame (di te), senza per questo omettere la componente rock, introspettiva ne Il senso delle cose e bipolare in un mantra che, a mò di stream of consciousness, fa da perno a Siamo vivi, dopo aver rivelato una natura espansiva ed ossessiva nell’apertura di Corri da me, fino ad una vorticosa chiusura per archi come quella di Senza parole, un possibile nuovo classico nella discografia dell’artista. Un ottimo lotto, che però manifesta la sua debolezza in L’imprevedibile, nota stonata che ha però la fortuna, dopo un’introduzione fiacca, di svilupparsi in maniera più corposa. Una consolazione in più per quella che, si rivela essere un’ulteriore opera di tutto rispetto nella discografia della Donà, una dimostrazione di come il tempo in certe occasioni non costituisca un ostacolo e non sia tale da favorire dei meri esercizi di routine. Così vicini, tutt’altro che lontani.
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