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La semplicità e la nostalgia con cui Dario Brunori cantava esperienze e storie alla portata di tutti, sorpresero un po’ chiunque. Da qualche tempo, infatti, non balzava agli onori della critica un cantastorie dalla sfacciata ironia, onesto, mediterraneo, che raccontasse la nudità e le solite cose dei “comuni mortali”. E, dopo due anni, ce lo si aspettava un nuovo capitolo dalle simili sembianze; e anzi, è sicuramente il benvenuto, perché un solo CD non basta a fa sorridere noi “poveri cristi” delle nostre stesse miserabili avventure.
Così, il “Vol.2 – Poveri cristi” del simpatico “imprenditore” calabrese non cambia entità, quantomeno dal punto di vista tematico. Perché se l’onestà e la verità dell’iniziale Il giovane Mario quasi fa piangere, grazie ad una malinconica nenia pianoforte e voce, lo stesso non fanno le innovative (almeno per la “ditta calabrese”) Rosa, Il suo sorriso, Animal Colletti, Tre capelli sul comò, tutte dal passo più spedito e rock ’70 rispetto a due anni fa. Infatti, almeno secondo il sottoscritto, la dolce e carezzevole malinconia di Una domenica notte, de Il giovane Mario, di Bruno mio dove sei, rappresenta il mezzo con cui meglio riesce a muoversi Brunori; apprezzando comunque le soffici bellezze (italian) indie-pop di Lei, lui, Firenze, dove il piglio da commedia cinematografica italiana del Nostro esce allo scoperto.
Di sicuro, però, piacerà a tutti l’esemplare franchezza con cui viene descritto quanto sia difficile fare i grandi passi per i poveri cristi italiani, quanto troppo spesso ci si vede costretti a rinunciare a qualcosa che davvero si vuole o si ama; emblematico l’esempio di Rosa, che lascia l’amato alla vigilia delle nozze, nonostante i suoi sacrifici per una vita insieme (“Rosa prepara il corredo che ho trovato una casa, manca solo la sposa, la cucina e l’arredo. Centottantotto cambiali, trattamento di favore, se lavoro sedici ore al giorno ce la posso fare”).
Vedremo, dopo l’oggettivamente riuscito arricchimento sonoro di questo “Vol.2 – Poveri cristi”, cosa ci presenterà il caro Brunori. Io spero in un gaetanesimo meno sfrontato, mentre mi piacerebbe ancora sentir narrare su quanto e su come proceda la vita del classico italiano da commedia e della sua quotidianità fin qui ottimamente descritta.
Davide Ingrosso
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