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“Ma spiegami com’è, che illumina me illumina te, una visione simile, ed anche libera, da ogni ambiguità, ogni apparenza, e che resiste ad ogni influenza“.
Piccole realtà crescono.
Partire alla volta del pianeta “HAPAX” con lo scopo di attraversarlo e analizzarlo nella sua interezza seguendo ben sei tappe era l’obiettivo primario di tre ragazzi, rispettivamente Matteo Sciocchetto, Matteo Puoti e Matteo D’Ignazi, identificabili con il nome in codice NUT. Il risultato si può tradurre in quella che è una vera e propria rivoluzione interiore di ogni singolo musicista, immerso in atmosfere di stampo sci-fi, con stelle e satelliti che fungono da background nel corso delle sue azioni. E ad una rivoluzione simile quello che ne consegue è la ricerca di nuovi schemi, la voglia di prendere nuove strade da cui trarre soddisfazione e giovamento. Sensazioni condivise anche con la loro nuova compagna Sinusite Records.
“…e si continua ancora ad indossare la falsa immagine di me che non so tradire e lavare via…“.
E allora via, dall’alto verso il basso, all’immersione. Ma non proprio all’interno delle acque di un oceano, ma all’interno del terreno. È il momento di tornare alle “Gravità Inverse“, come da artwork: yeah, NUT is coming, another CD is coming.
Imbracciando nuovamente una chitarra e un basso, munendosi di una batteria e non facendosi mancare nemmeno le attrezzature adatte per l’effettistica, la partenza è prossima. Progressive e post-rock che vanno a braccetto, tra cantati allucinati e molteplici accordi che si susseguono come i cambi di umore, prima calmi e pacati e poi vicini all’esplosione. Il tutto mentre ciò che li circonda pare avere una vita propria, una sua reazione a quanto partorito dalle menti dei tre Matteo.
“La gravità che non dà tregua, la gravità che mi richiama a sé“.
Appare chiaro come questa sia una zona nella quale prevale il buio, e non meno fantascientifica di quanto non fosse il territorio solcato dai nostri in precedenza. Ma in quest’oscurità è possibile riconoscere le persone che si stanno cercando nel momento in cui si confondono tra svariate “Sagome“, pur lasciando le loro “Orme sovrapposte“. È possibile udire l’urlo conseguente: “Evadi“. Evadere dall’anonimato è necessario, mentre a fare da sottofondo sono dei chicchi di grandine che, come se piovesse, cadono su superfici metalliche, emettendo melodie drammatiche e colme di rabbia, come dei vibrafoni naturali che compongono un novello “Mosaico“. E poi c’è “Il sarto“, non uno dei tanti, ma un personaggio enigmatico, i cui “Abiti” aumentano maggiormente l’aura di mistero che lo circonda. Che questa sia una “Zona d’ombra” ottimamente rappresentata in chiave musicale? Pare proprio esserlo.
“La sento, è qua, è qua da me, ordinata e semplice“.
L’evasione è stata un successo, e le nuove vie sono state raggiunte. Ora è il momento giusto per risalire dall’alto verso il basso, rinsaviti dallo sguardo dato al sottosuolo, dalle nuove visioni per gli occhi.
“Le cancellerai, le cancellerai…“.
O forse no? Il viaggio nelle “gravità inverse” non è inchiostro sprecato, è il mantenimento di una già accattivante dichiarazione d’intenti. Forse un po’ ostico ai primi contatti, ma ne vale la pena. Non solo per i NUT.
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Gustavo Tagliaferri per Mag-Music
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