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Prima ci fu un debutto solista in lingua inglese a nome Maria Antoniette. Poi, quasi in contemporanea, la militanza negli Young Wrists. Infine lo scorso anno l’omonimo debutto nell’italica lingua prodottto da Dario Brunori. Tutto questo in attesa del successore a cui sta lavorando in questo periodo. Lei è Letizia Cesarini da Pesaro, in arte Maria Antonietta, e questa è la sua tracklist. Buon ascolto.
Leonard Cohen – Avalanche (da “Songs of Love and Hate”, 1971)
Leonard Cohen è capace di parlare delle categorie dell’assoluto: odio, amore e morte…questo genere di cose. E lo fa senza nessuna sbavatura. Con un’eleganza fuori dal tempo.
Babes in Toyland – Real Eyes (da “Fontanelle”, 1992)
Kat Bjelland è una chitarrista, una cantante e un’autrice eccezionale. Ruvida, pura e diretta tutta diretta al cuore.
Bob Marley and the Wailers – Concrete Jungle (da “Catch a Fire”, 1973)
I Wailers sono al momento il mio gruppo preferito, trionfo della verità e della sincerità, melodie perfette.
The Gladiators – Eli Eli (da “Trenchtown Mix Up”, 1976)
Cori stupendi, melodia stupenda. Ormai la musica reggae ha conquistato la mia vita. È musica piena di sangue e il sangue è l’unica cosa che mi interessa.
CocoRosie – Terrible Angels (da “La maison de mon rêve”, 2004)
Un disco che mi ha cambiato per sempre la vita, grande e costante ispirazione per me. Funebri, minimali e potentissime.
Sharon Van Etten – One Day (da “Epic”, 2010)
La canzone perfetta. Questa ragazza mi piace tanto, è semplice, diretta, pura. Mi sento di assomigliarle un po’. Mi ci riconosco. Familiare.
Scisma – Troppo poco intelligente (da “Armstrong”, 1999)
Ritornello bellissimo. Arrangiamenti altrettanto bellissimi. Grande nostalgia degli anni ’90.
Parenthetical Girls – Stolen Children (da “Safe as Houses”, 2006)
Brano perfetto e gruppo perfetto. Il disco nel quale è contenuto – e relativo tour europeo che ho seguito da vera ossessionata – entra nella storia. Fragilità, delicatezza e senso del torbido gestiti da un frontman superlativo, Zac Pennington.
Aretha Franklin – Drown in My Own Tears (da “I Never Loved a Man the Way I Love You”, 1967)
Forse un altro pianeta.
PJ Harvey & John Parish – Rope Bridge Crossing (da “Dance Hall at Louse Point”, 1996)
“Dance Hall at Louse Point” è un disco incredibile. Oscuro, misterioso, pieno di spigoli: ma sono sempre gli spigoli le parti più interessanti. E anche quelle che ti fanno più male.
Nina Nastasia & Jim White – The Day I Would Bury You (da “You Follow Me”, 2006)
Nina Nastasia è esilissima, quasi trasparente e sembra che quando canta non ha nessuna difesa ma proprio nessuna. Mi interessa questa vulnerabilità estrema.
a cura di Christian Gargiulo
“11 cover per…” è la nostra nuova rubrica. Funziona così: un(a) musicista sceglie le undici, altrui canzoni che inserirebbe in un suo personale album di cover e per ogni scelta fatta ci spiega il motivo. Senza alcun tipo di limite: né di genere né di nazionalità né di periodo storico.
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