Almamediterranea e i “Sentieri di libertà”: “non ci vogliamo arrendere e disobbediamo”

Sentieri di libertà” è il quinto album della band cagliaritana Almamediterranea, dell’etichetta Helikonia con distribuzione EGEA, uscito da pochi giorni, ma già decretato da un grande successo. Album di quindici tracce in “no generis”, come dichiarano loro, registrato all’Havana (Cuba) presso gli Abdala Studio, e vede la collaborazione dei più grandi esponenti della musica folk italiana come Fry Moneti dei Modena City Ramblers, Luca Morino dei MauMau, Alessandro Finazzo di Bandabardò e Mario Riso. Un progetto, quello degli Almamediterranea, che fonde musica e impegno sociale festeggiando i loro dieci anni di attività, il cui ricavato andrà alla Libera Comunità Terapeutica, diretta dal dott. Alessandro Coni che vuole dimostrare che il farmaco non è l’unica terapia possibile per i problemi mentali.

Gli Almamediterranea sono: Roberto Usai Almo (voce, chitarra, guitalele, bouzouki), Pamela Strazzera Panky (voce, cajon, djembe), Gigi Mirabelli (basso), Emanuele Pusceddu (batteria), Diego Milia Dieghi (banjo, violino, mandolino, armoniche, ukulele, tromba, trombone), Santino Cardia Santo (sax contralto, flauto traverso, sax soprano, clarinetto, chitarra) e Fabrizio Lai Fabrenji (chitarra, cavaquinho).

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Come e perché è nato questo connubio con Libera Comunità Terapeutica?

In ogni nostro disco, e, soprattutto, con i nostri live, abbiamo sempre sostenuto delle cause sociali più  o meno importanti. L’avvicinamento con Libera Comunità è stato casuale, fummo invitati a suonare a una biennale che s’intitola, Sentieri di libertà, un meeting di trekking terapia con varie attività che impegnano i pazienti, partito da un’idea del dott. Alessandro Coni di Sanluri. Ci chiesero di poter utilizzare alcuni nostri brani per montare un video della serata, e, così pensai bene di chiedere se potevamo scrivere un brano sull’argomento, così è nata Sentieri di libertà, che da il titolo all’album, nato dopo un anno di frequentazione. Noi siamo molto vicino a questi ragazzi che hanno una forza incredibile durante le loro terapie psichiatriche, da quella più leggera alla più pesante dove sono accompagnati dalla forza dell’ordine per andare in giro.

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Almamediterranea

Proprio in Sentieri di libertà nel ritornello voi dite: “tutte le voci unite in un urlo, non ci scusiamo per il disturbo”…

Non ci scusiamo per il disturbo è il titolo di un libro scritto dai guarenti, così i pazienti si autodefiniscono, da cui ho tratto degli spunti dai pensieri scritti da questi ragazzi, e, così abbiamo voluto inserire questa frase nel ritornello della canzone che, tra l’altro, è cantata da loro, una selezione di otto ragazzi che sono venuti in studio con noi a cantare.

Anche nella Taranta del demente, raccontate un po’ il mondo di questi ragazzi…

Raccontiamo lo stato d’animo dei ragazzi, parlando con loro e standoci in contatto, ci siamo resi conto cosa vuol dire. Racconto un aneddoto, avvenuto in studio di registrazione, uno dei ragazzi che stava registrando in coro, si è messo le cuffie, si gira verso uno degli amici e gli dice: Cavolo, è possibile che sento le voci anche in cuffia?

Allora è anche emozionante stare in contatto con persone”estranee alla realtà”…

Il loro modo di essere da, a noi, la possibilità di riflettere davvero, il loro essere estranei non è distante da come siamo noi, sono più loro che stanno aiutando noi. Loro, una volta che entrano in terapia, hanno la consapevolezza del loro disagio, e da quel momento in poi, diventano guarenti e cominciano ad aiutare gli altri, quelli che, invece, dovrebbero aiutare loro. Aiutano ad aiutarli, è bellissimo.

Pensate di invitarli a cantare sul palco, se farete qualche altra tappa in Sardegna?

Loro vengono già, fanno parte dello staff ormai. I ragazzi vengono a ogni live con le loro magliette rosse, con scritto Sentieri di libertà. Stanno anche al banchetto dei cd, perché tutto il ricavato lo doniamo tutto alla loro associazione.

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Almamediterranea – Sentieri di libertà

Parliamo, invece, di una cosa più ironica e leggera, la presa in giro che fate nel vostro primo singolo Radical chic…

Nel brano recitiamo: ahi ahi ahi I’m a radical chic! Perché siamo un po’ tutti ormai radical chic, per come si vede oggi. Ormai, basta dire che vuoi mangiare vegano che subito sei additato come radical chic, ci sono molti modi per definirli, oramai sono una macchietta, non più uno status. Io li vedo e mi fanno ridere, anche la nostra città è la fucina dei radical chic.

Il video è stato realizzato da un giovane video maker per gruppi emergenti…

Oscar Serio, salentino, ma vive a Bologna da molti anni, e ha messo su questo sito videobassocosto.it, e, gira video bellissimi facendo spendere pochissimo e preferendo lavorare con band emergenti. Lo abbiamo conosciuto tramite una nostra amica fotografa, con la quale abbiamo fatto anche un servizio fotografico molto bello.

Il vostro disco è pieno di collaborazioni. Come sono avvenute?

Con artisti che sono i nostri miti. Personalmente sono cresciuto a pane e Mau Mau, una delle band più forti degli anni ’90. Tramite myspace, prima dell’avvento di face book, prendemmo contatti chiedendo se potevano essere interessati a collaborare con noi, così abbiamo chiesto di aprire un concerto alla Bandabardò, o a suonare un brano in un disco a Francesco Fry Moneti dei Modena City Ramblers o a Luca Morino dei MauMau a cantare. E loro hanno sentito i nostri pezzi, gli sono piaciuti, e, hanno collaborato con noi già nel 2009. Adesso si sono aggiunti alla lista Alessandro Finazzo di Bandabardò e Mario Riso che abbiamo conosciuto al festival di Rocktv quando abbiamo vinto nel 2005, e Cisco Bellotti, che ci ha fatto l’onore di lavorare con noi in questo disco. E altri artisti,  altrettanto importanti, come il direttore del conservatorio di Cagliari Gianluca Floris che ha cantato una parte da tenore all’interno di un brano, e Alex Martis che ha suonato la fisarmonica e Massimo Satta che lavora con Mogol.

Siete stati addirittura a Cuba per registrare questo album…

Siamo stati a Cuba l’anno scorso, dove abbiamo registrato sette delle quindici tracce del disco, presso gli Studio Abdala dove hanno registrato i più grandi artisti come i Buena Vista Social Club, o i Los Van Van, anche Zucchero ha registrato delle tracce vocali quando è andato a suonare a Cuba. È stato molto bello, avevamo tre musicisti cubani tramite i quali siamo riusciti a ricevere l’invito dall’Istituto della musica di Cuba per andare a fare un minitour, siamo rimasti quasi un mese e abbiamo suonato in giro per l’Havana, poi abbiamo deciso di registrare alcuni brani scritti in parte proprio a Cuba. All’interno del disco si sentono delle differenze, c’è il rock più europeo, in altri brani la patchanka o il tres cubano con un’aria più caraibica.

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Durante la registrazione avete conosciuto qualcuno che stava registrando nel vostro stesso studio?

Stavano facendo le prove concerto i Buena Vista Social Club, e, abbiamo conosciuto anche  il chitarrista e il cantante  dei Los Van Van, che ci hanno prestato loro la batteria durante la registrazione del nostro disco.

Come avviene, invece, la composizione dei vostri brani?

In linea di massima io scrivo i testi, ma qualche altro brano li scrive anche Pamela Strazzera Panky, e poi li arrangiamo tutti insieme, compreso il fonico o il nostro factotum. Partecipano tutti, ognuno dice la sua, ecco perché in questo disco noi stiamo dicendo che vogliamo dichiarare il “no generis”, come gruppo non abbiamo un genere definito.

Grandi testi sul sociale, addirittura siete vicino alle cosiddette minoranze come l’omosessualità…

Assolutamente siamo vicini agli immigrati, ai disagiati, alle persone che avrebbero bisogno di una voce più forte, per poter urlare quello che stiamo vivendo in Italia, ma anche in tutto il mondo, distratto dalla tecnologia e dal benessere finto, e ci nascondono quello che sta succedendo, inciuci e balle varie. Noi non vogliamo fare politica, poniamo delle domande portando alla luce qualche argomento, e, speriamo che la gente che ascolta, chiacchieri fra loro: hai sentito il brano degli Alma, tu cosa ne pensi?

Proprio 100 anni parla degli immigrati…

Gli italiani spesso dimenticano che siamo stati tra i primi a esportare carne, carne umana, Siamo emigrati in ogni parte del mondo, soprattutto nelle Americhe, a cercare una situazione migliore. Questi scappano dal loro Paese e non pensiamo a quanto possa essere dura per loro lasciare la loro terra, i loro affetti, per finire su un barcone, spendendo soldi e affrontando la morte, non ce ne rendiamo conto.

Che cosa succede durante i vostri live, fate delle cover, date largo uso a dei strumenti tradizionali…

I nostri live si possono definire come un falò in spiaggia, ma con gli amplificatori. Proponiamo prevalentemente brani nostri, siano al decimo anno con cinque cd alle spalle, però facciamo anche qualche brano che non chiamerei cover ma rivisitazione di qualche brano di artisti che ci stanno molto a cuore, uno su tutti, Fabrizio De Andrè, una poesia in mezzo ai nostri brani. Proponiamo Il pescatore, e lo canta Pamela perché lei viene da una famiglia di pescatori. I nostri concerti sono saltellanti, molto ritmati, non facciamo mai brani troppo tranquilli o intimisti, anche sono presenti alcuni nei nostri cd, lì riarrangiamo per il live.

almamediterranea intervista

Almamediterranea

Nei vostri live cantate qualche canzone sarda tradizionale e quali tradizioni prendete dalla musica tradizionale sarda?

Noi non siamo un gruppo etnico, e, quindi, non cantiamo in sardo. Nella nostra produzione abbiamo un solo brano cantato in campidanese, però abbiamo utilizzato lo strumento tipico, re della musica sarda, le Launeddas, ne abbiamo utilizzati di strumenti in altri dischi, in questo album abbiamo preferito tenerci un po’ più aperti a tutto, si sente che siamo sardi, perché ci sono sempre delle risoluzioni armoniche e determinate melodie.

State pensando già al secondo singolo?

Sì, dovrebbe uscire tra poco, abbiamo altri due videoclip già pronti, girati sempre da Oscar Serio, in quella settimana che abbiamo girato Radical Chic. Il secondo singolo dovrebbe essere Disobbedisco, un brano rock molto arrabbiato che lamenta tutto quello che può essere lo spaccato dell’Italia dei giorni nostri, e, noi non ci vogliamo arrendere e disobbediamo.

Nicola Garofano per magazinet.it

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