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Come se, nel ferrarese, ora più che mai, fossero le tenebre a squarciare il cielo, una volta portatisi dietro le spalle due lavori. I quattro ragazzi che formano i Devocka sembrerebbero esserne consapevoli, essendo giunti a una terza fatica come questo “La morte del sole“. Un disco che segna un ulteriore passo nella carriera dei nostri, sempre fatto di rabbia che trasuda da ogni poro, quella della voce di Igor Tosi, che ondeggia tra sfumature wave vicine ai primi Litfiba (Morte annunciata dell’io) e matrimoni tra Diaframma (Carne) e Marlene Kuntz (la title-track), fino al declamatorio vortice noise che caratterizza Non solamente un’apertura mentale e L’amore e la cronaca di avvenimenti in tempo reale di Cagne e la leggermente pacata Questa sistanza, dal sapore canaliano. Accostamenti che non portano a mere derivazioni di sound, fortunatamente. Il tutto mentre delle ipnotiche frequenze tracciano l’attimo fuggente (Ultimo istante), là dove una folla sembra strepitare davanti alla catastrofe imminente (Croce). Per una band che forse necessita di qualche piccolo elemento da sistemare, ma non si esime dal presentare diversi pregi che la portano a raggiungere un ottimo livello. Anche stavolta.
Gustavo Tagliaferri
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