11 cover per… Nicola Manzan (Bologna Violenta)
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Eccoci giunti al secondo appuntamento con “11 cover per…”, la nostra rubrica più recente. Vi siete persi la prima puntata? Nessuno problema, la potete recuperare qui. Un’avviso prima di proseguire: “11 cover per…” avrà cadenza bisettimanale, quindi ci vedremo sulle pagine di Mag-Music un venerdì sì e uno no. Il nostro ospite di questa settimana è Nicola Manzan, titolare unico del monicker Bologna Violenta. Dai Baustelle a Lo Stato sociale passando per Ligabue, faremmo prima a elencare i musicisti con cui Manzan non ha collaborato. Polistrumentista diplomato in violino, ecco di seguito la sua personalissima scaletta.
1. Bathory – Valhalla (da “Hammerheart”, 1990)
C’è una storia particolare legata al disco che la contiene (Hammerheart), ovvero quando ero ragazzino e andavo alla scuola di musica avevo un amico metallaro che mi “spacciava” musica (non classica) di nascosto dai nostri insegnanti. Io gli portavo una cassetta vergine e lui la settimana successiva me la riportava con registrato un disco che secondo lui era fondamentale per la mia “crescita musicale”. Una volta mi è capitato di sognare una musica epica che non conoscevo, che non avevo mai sentito, ma che mi piaceva tantissimo e che avrei voluto ritrovare da qualche parte. Beh, questo mio amico il giorno dopo mi ha portato questa cassetta con su scritto “Bathory – Hammerheart”, gli chiesi cosa fosse e lui mi disse: “Tranquillo, ti piacerà“. Era la musica che avevo sentito nel sogno. Da quel giorno questo disco è diventato uno dei miei preferiti di sempre e devo ammettere che è stato una influenza abbastanza importante nella scrittura del mio ultimo album.
2. Black Sabbath – Black Sabbath (da “Black Sabbath”, 1970)
Pezzo che ho ascoltato un milione di volte. Secondo me il doom nasce qui. Sentite ogni tanto le campane durante i miei pezzi? Beh, la colpa è di questa canzone.
3. Carcass – Forensic Clinicism/The Sanguine Article (da “Necroticism – Descanting the Insalubrious”, 1991)
Scelgo questo pezzo da un disco tra i miei preferiti di sempre (“Necroticism – Descanting the Insalubrious”) e lo faccio perché ha in sé tutte le caratteristiche dei Carcass di quel periodo. Lo metterei alla fine del disco, perché ha un finale PERFETTO.
4. Corrosion of Conformity – Mine Are the Eyes of God (da “Blind”, 1991)
A quei tempi il genere che facevano si chiamava “crossover”, ma non si trattava di un mix tra rap e metal, bensì tra hardcore e metal. Pezzo disperato ed intenso come pochi altri, mi ha sempre esaltato.
5. Brian Eno – By This River (da “Before and After Science”, 1977)
Un pezzo da mettere in loop e lasciar andare tutta la notte. Del resto è così che l’ho conosciuto, la mia coinquilina ha passato una serata intera ad ascoltarlo ed io, dalla stanza di fianco alla sua sono rimasto immobile a letto a lasciarmi cullare dalla semplicità di questa melodia, senza riuscire ad alzarmi per chiederle di cosa si trattasse.
6. Kiss It Goodbye – Helvetica (da “She Loves Me, She Loves Me Not”, 1997)
Pezzo incredibilmente duro ed intenso. Cattivo come pochi altri. Lo ascolti e ti vien voglia di uscire col machete e fare una strage.
7. Napalm Death – Vision Conquest (da “Harmony Corruption”,1990)
Ho conosciuto musicalmente i Napalm Death con questo pezzo e da lì in poi le cose sono cambiate, almeno per me. Lo so che “Scum” è un album fondamentale, che i “veri” Napalm Death erano altra cosa e tutte le cazzate che si dicono sempre, ma a me non interessa. Ho conosciuto il grindcore con questo pezzo e per me tanto basta.
8. Negazione – Lo spirito continua (da “Lo spirito continua”, 1986)
Ecco, questo è un pezzo che mi ha cambiato la vita, sia per la musica che per il testo. Ho comprato il cd in questione dopo un incontro ravvicinato con Uto Ughi (il violinista). La sua aura da gigante mi ha fatto venir voglia di tornare coi piedi per terra e sono andato nel mio negozio di fiducia a prendere qualcosa di HC. Conoscevo già i Negazione, ma questo disco è veramente qualcosa di immenso e questo pezzo in particolare mi ha segnato l’adolescenza.
9. Violeta Parra – Run Run se fue pa’l norte
Una canzone triste che parla di un abbandono, e la versione degli Inti-Illimani del 1974 è una di quelle che mi hanno fatto capire che la musica è qualcosa di grandioso che parla all’anima delle persone.
10. Slint – Washer (da “Spiderland”, 1991)
Mi vengono i brividi e le lacrime ogni volta che lo sento. Come per i Black Sabbath, questo pezzo a mio avviso ha segnato una linea di demarcazione tra tutto quello che era stato fatto prima e quello che è successo dopo. Pietra miliare del post-rock punto e basta.
11. Unsane – Scrape (da “Scattered, Smothered & Covered”, 1995)
Nel 1998 o giù di lì mi è capitato di fare da supporto agli Unsane (che conoscevo solo di nome). Ennesimo esempio di concerto che mi ha cambiato la vita. Quella sera mi sono preso il 7″ di questo pezzo e l’ho ascoltato a rotazione per dei mesi. Da quel giorno anche la concezione di musica “dura e violenta” è cambiato.
a cura di Christian Gargiulo
“11 cover per…” è la nostra nuova rubrica. Funziona così: un(a) musicista sceglie le undici, altrui canzoni che inserirebbe in un suo personale album di cover e per ogni scelta fatta ci spiega il motivo. Senza alcun tipo di limite: né di genere né di nazionalità né di periodo storico.
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