Sviluppato da Dirigo Games, Kingdom of the Dead è un FPS fortemente ispirato ai classici del genere come Doom e Quake che riesce ad omaggiare con un sistema di combattimento degno delle pietre miliari degli anni ’90 e che accompagna attraverso uno stile grafico completamente originale. Kingdom of the Dead è infatti disegnato interamente a mano, guadagnandosi la dicitura di “pen & ink”, di sicuro una ventata d’aria fresca in un genere già ben consolidato.
Il cuore del titolo resta chiaramente il gameplay, di conseguenza viene fornito soltanto un incipit della trama che va a delineare i fatti antecedenti. Siamo nel 1867, in piena crisi causata dalla Guerra di Secessione da poco conclusa. Il paese è devastato dalla guerra e va ricostruito da cima a fondo, e a rendere complicato il tutto è la presenza di una nuova minaccia: orde di demoni stanno infestando la città (approfittando di portali generati dal mondo della Morte) ed il compito di sterminarli è stato assegnato ai Gatekeepers, una squadra addestrata appositamente per questo.
Dopo la guerra, l’esercito della Morte si nutrì di reclute da entrambi i lati. Il suo nuovo potere gli permise di iniziare un’offensiva contro un mondo indebolito. I demoni scaveranno verso l’alto dall’inferno e sfonderanno i pozzi, le fosse e le cripte più profonde. Il giocatore deve trovare questi buchi e chiuderli in modo permanente.
Vestiremo i panni di Chamberlain, un ex insegnante che dovrà sigillare i portali delle zone infestate dai demoni. Quest’ultimo, divenuto ora generale d’armata, troverà i metodi più svariati per affrontare le orde e per uscirne indenne.
La presenza scenica di Kingdom of the Dead è resa solida dalla presenza di un gameplay spettacolare, molto frenetico e di facile intuizione. Sembrano essere questi gli ingredienti magici per un titolo di successo, al netto però di qualche calo di frame rate di troppo e di una ripetitività ai limiti del sopportabile.
Il sistema adottato dal titolo è quello delle orde: dovremo liberare diverse zone sbarazzandoci dei nemici al loro interno, sfruttando il nostro equipaggiamento di base ed altre armi che potremo recuperare man mano avanzando tra i livelli. Questi sono in tutto nove, tutti esplorabili e caratterizzati dalla possibilità di essere completati in modi diversi: non saranno comunque abbastanza (in numero) da poter definire un parco abbastanza succulento per coloro abituati a titoli più longevi.
La varietà delle armi è indice anche di variabilità di gameplay: avremo a disposizione per esempio la pistola per colpire più precisamente e dalla distanza, ma anche una spada utilizzata negli scontri corpo a corpo che utilizzeremo abbastanza spesso al netto di una spettacolarità di animazioni che seppur limitate restituiscono perfettamente l’anima degli anni ’90. Le armi, in tutto 8, accompagnano invece una lista di mob che si avvicina alle 22 unità, con diversi boss definiti dal team di sviluppo “old school”. Le possibilità di uccisioni sono molteplici: immancabili bombe che faranno esplodere scenicamente i mostri in mille pezzi, un’esagerazione apprezzatissima dai fan di Doom.
Lo stile grafico del titolo potrebbe indurre il giocatore a non capire bene a dove recarsi per continuare il livello, ma è un ostacolo che andrà via dopo la prima mezz’ora di gameplay. Da sottolineare la possibilità, attraverso le impostazioni, di settare sistemi di gioco personalizzati (come l’impostazione del FOV).
Ciò che colpisce sicuramente del titolo è la sua realizzazione grafica: come suggerito ad inizio recensione, si tratta di uno stile interamente disegnato a mano con un focus particolare sull’utilizzo dell’inchiostro che va a creare profondità in un mondo altrimenti 2D. Verrà data la possibilità di customizzare la palette di colori e di associare dunque qualche tonalità differente, ma in linea di massima tutti i livelli (eccetto per la colorazione del sangue) saranno monocolore.
Il comparto audio non è particolarmente incisivo, ma i suoni ambientali e gli effetti sonori delle armi restituiscono una buona resa generale. Il design dei nemici, sebbene abbozzato, è finemente realizzato con una diversità molto marcata ma una certa ripetitività nei modelli “di base”. I boss, invece, sono tra di loro molto diversificati offrendo anche un approccio tattico molto diverso in base alla singola situazione.
Kingdom of the Dead è un titolo leggero ed adatto ai fan degli FPS, soprattutto quelli della vecchia guardia come Doom, Quake e via discorrendo. Lo stile artistico è quanto di più innovativo possa esserci, con una realizzazione in bianco e nero “fatta a mano” capace di colpire con la sua originalità. Buon compromesso tra divertimento e qualità.
Pro
Contro
0 comments