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Vololibero, 152 p.
Né Manuel Agnelli né Federico Guglielmi hanno bisogno della mia presentazione. Solo per chi fosse atterrato proprio ieri da Saturno, mi limiterò a dire che il primo è da sempre il leader incontrastato degli Afterhours, anzi è gli Afterhours – uno dei gruppi che più mi ha entusiasmato fino a qualche anno fa –, ed è per questo che le due vicende coincidono; il secondo è invece una delle firme più prestigiose del giornalismo musicale tricolore.
Chi necessita di qualche parola in più è sicuramente questo Senza appartenere a niente mai, la biografia ufficiale di Agnelli firmata dal giornalista romano. Ma non una biografia convenzionale, tanto che lo stesso autore – nell’introdurla al lettore – la definisce “atipica”. E non poteva scegliere aggettivo migliore, dato che si tratta di un assemblaggio di scritti pubblicati qua e là nel corso di diciotto anni, che restituisce un’immagine in divenire del musicista, per nulla statica. Un po’ come quella ideata per la copertina, davvero esemplificativa del senso del libro.
Le prime cinquanta pagine possono considerarsi come un lungo, lunghissimo piano sequenza che segue la storia degli Afterhours (e quindi del loro leader) dagli albori – discograficamente parlando la primavera dell’87, quando registrano un demo – sino ai giorni nostri – segnati dall’ingresso in formazione di Stefano Pilia (Massimo Volume) alla chitarra e Fabio Rondanini (Calibro 35) alla batteria. Nel mezzo, la Vox Pop, l’esordio sulla lunga distanza con During Christine’s Sleep, il passaggio dall’inglese all’italiano per i testi, i tanti cambi nella line-up, la cover di Dentro Marilyn firmata Mina, la criticata partecipazione a Sanremo, e tanto tanto altro ancora. L’alternarsi della voce di Gugliemi e Agnelli, dell’inquadratura larga e di quella stretta, crea ritmo e dona vivacità alla lettura.
La seconda parte, corposa quanto la prima, è occupata invece da sei interviste pubblicate sul Mucchio Selvaggio (eccetto una). Sei scatti che arricchiscono di ulteriori particolari la narrazione, sei scatti che fotografano gli Afterhours in precisi istanti della loro storia discografica (come Tutti i colori del buio, realizzata pochi giorni dopo la pubblicazione di Hai paura del buio?), o che, prendendo spunto dal personaggio Agnelli, parlano anche del gruppo milanese per poi spaziare a 360° (Agnelli di Dio e Il mio canto libero, pubblicata in versione ridotta su Classic Rock e qui proposta integralmente). Sei scatti dai colori non ancora opachi, e il perché è presto detto: il carismatico leader potrà pure non piacere – de gustibus – ma una qualità gli va riconosciuta: quando apre bocca, non dice mai cose banali.
A chiudere, a mo’ di appendici, le trascrizioni delle due ospitate di Agnelli a Stereonotte, storica trasmissione musicale targata Rai, e (in gran parte) recensioni dei dischi dei milanesi firmate – ça va sans dire – Guglielmi. Inclusa quella dedicata ad Hai paura del buio?: intervistato nel 2013, il giornalista romano la ricordava come il pezzo da lui scritto a cui era più affezionato.
Fatta la tara al suo carattere di ufficialità e all’entusiasmo – ora eccessivo, ora pacato – che Guglielmi ha sempre dimostrato nei confronti dei milanesi, il libro resta una fonte ragguardevole di informazioni su uno dei sicuri protagonisti della storia musicale nazionale più recente. Oltre che una piacevole lettura, non solo per fan.
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